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Questo articolo è stato pubblicato il 08 ottobre 2014 alle ore 06:37.
L'ultima modifica è del 08 ottobre 2014 alle ore 06:55.

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ROMA
«Siamo assolutamente disponibili ad ascoltare le opinioni di chiunque, miglioriamo se dobbiamo migliorare, impariamo cose importanti se qualcuno ce le ha da presentare e contemporaneamente però ribadiamo il messaggio che questo Paese deve cambiare ed entrare in modo forte nel futuro. Per questo non ci facciamo né ci faremo bloccare da veti o opinioni negative». Matteo Renzi scende nella sala stampa di Palazzo Chigi al termine di una mattinata fitta di consultazioni con le parti sociali (prima Cgil Cisl e Uil, poi Confindustria e le altre associazioni datoriali, infine i sindacati di polizia e il Cocer) – «oggi la Sala Verde ha lavorato a pieno regime», scherza – mettendo subito in chiaro la sua particolare idea di "concertazione". Si ascolta tutti, e poi si decide. Punto. Vale con le parti sociali, e vale naturalmente anche all'interno del Pd.
Al termine dell'incontro con i sindacati Renzi ha voluto vedere «sorprendenti punti di intesa» su un'impostazione di fondo, quella del governo, che è «innovativa»: soldi agli ammortizzatori sociali, aiuto al ceto medio e centralità della questione lavoro. Ma la verità è che il premier ha avuto la conferma della rottura dell'asse del "no", con la Cgil isolata nella manifestazione del 25 ottobre in difesa dell'articolo 18 («ci rivediamo il 27 dopo i tre milioni in piazza», ha ironizzato Renzi) e la Uil e soprattutto la Cisl attestate su una posizione più aperturista (la nuova leader cislina Anna Maria Furlan ha parlato di «possibile svolta»). E la divisione del sindacato sul Jobs Act, che oggi sarà approvato con voto di fiducia in Senato, non può in questa fase che avvantaggiare il governo. Quanto a Confindustria, il clima positivo dell'incontro è stato suggellato dall'apprezzamento espresso da Renzi per il «sostegno» degli imprenditori al piano di riforme messo in campo.
Ma oggi è soprattutto il giorno della fiducia sul Jobs Act in Senato, voto che Renzi vuole portare come "trofeo" al vertice Ue sul lavoro atteso a Milano nel pomeriggio. «Si voterà domani (oggi, ndr) la fiducia sul Jobs Act e sono convinto che nel Pd voteranno come sempre accaduto. Non temo agguati, anche perché la fiducia è a voto palese e non potranno esserci franchi tiratori. Ove ci fossero li affronteremo». Renzi ha confermato che le modifiche sui licenziamenti disciplinari decise dalla direzione del Pd (alcune fattispecie «più gravi» rientreranno con i licenziamenti discriminatori nei casi in cui resterà la reintegra) saranno recepite dal governo con i decreti delegati, e quindi non entreranno nella delega che sarà votata oggi come chiesto dalla minoranza del Pd. «Sul Jobs act è stato fatto un lavoro molto serio con il Pd, ci siamo parlati anche modificando la linea iniziale per accogliere alcune critiche. Ma a un certo punto si deve decidere e votare, e la direzione del Pd ha deciso». Alla minoranza del partito, che pure si è divisa al suo interno, non resta che pronunciare oggi un sì «critico» in segno di lealtà verso il segretario del Pd (è la linea di Bersani e Cuperlo). Forse qualcuno, si parla di una manciata di senatori "civatiani", al massimo non parteciperà al voto.
Di certo gli oppositori interni di Renzi hanno sottovalutato la partita internazionale che c'è dietro il Jobs act voluto dal governo. Il primo sì del Parlamento a una riforma radicale del mercato del lavoro che ha già ricevuto l'approvazione di Fmi e Germania è sicuramente un vantaggio per il giovane premier nella battaglia in corso in Europa tra rigoristi e "riformisti". Il vertice di oggi a Milano è anche atteso per il primo incontro tra Angela Merkel e François Hollande dopo le frizioni che hanno seguito l'annuncio che la Francia intende "sforare" la soglia del 3% nel rapporto tra deficit e Pil. «Penso, credo e spero che l'Europa faccia la sua parte, spero che al vertice Ue si faccia un passo avanti – ha detto Renzi –. Perché non c'è occupazione se non torna la crescita, non c'è crescita senza occupazione». In ogni caso, a smentire le voci di frizioni con la Merkel, dal governo confermano che al termine del vertice Ue di Milano ci sarà una conferenza stampa congiunta Renzi–Merkel-Hollande.
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IL CONFRONTO
La posizione del governo
Il premier Renzi, dopo l'incontro con le parti sociali, ha voluto vedere «sorprendenti punti di intesa» su un'impostazione di fondo, quella del governo, che è «innovativa»: soldi agli ammortizzatori sociali, aiuto al ceto medio e centralità della questione lavoro
Le divisioni nelle parti sociali
Il premier ha avuto la conferma della rottura dell'asse del no, con la Cgil isolata nella manifestazione del 25 ottobre in difesa dell'articolo 18 e la Uil e soprattutto la Cisl più dialoganti. Quanto a Confindustria, il clima positivo dell'incontro è stato suggellato dall'apprezzamento di Renzi per il «sostegno» degli imprenditori alle riforme

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