Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2014 alle ore 07:20.
L'ultima modifica è del 10 ottobre 2014 alle ore 19:21.

My24
(Corbis)(Corbis)

Cacciato dalla porta per dichiarazione del ministro, Uber Pop potrebbe rientrare da una finestra lasciata per ora socchiusa dalla futura riforma del Codice della strada. La legge delega per la riforma, che ha appena ottenuto il primo via libera (alla Camera, in attesa di passare al Senato), introduce nel Codice la definizione di car pooling, per incentivarne la diffusione. E lo fa con parole che potrebbero comprendere anche la versione più controversa del noleggio con conducente Uber, cioè appunto la Pop, che di fatto trasforma in autista chiunque privato cittadino si offra di trasportare con la sua auto chi si prenota tramite la app messa a punto dal colosso americano di questo tipo di noleggio.

Un'offerta che ha provocato forti proteste dei tassisti in molti Paesi e che in Italia ha spinto alcuni Comuni e il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, a dare indicazioni alle forze dell'ordine per considerarla fuori legge. Ma ora un emendamento del M5S approvato ieri alla Camera per dare una “copertura giuridica” al car pooling (praticato da anni e talvolta incentivato con sconti sui pedaggi e corsie riservate) ne dà una definizione nella quale – con un po' di “fantasia” - potrebbero rientrare anche Uber Pop ed eventuali servizi analoghi.

Infatti, il car pooling viene definito come «servizio di trasporto, non remunerato, basato sull'uso condiviso di veicoli privati tra due o più persone che debbano percorrere uno stesso itinerario, o parte di esso, messe in contatto tramite servizi dedicati forniti da intermediari pubblici o privati, anche attraverso l'utilizzo di strumenti informatici». Proprio questi “servizi dedicati” e la possibilità che possano essere svolti con strumenti informatici come può essere una app fanno pensare immediatamente a Uber Pop.

Tanto che già pochi minuti dopo l'approvazione del proprio emendamento, il M5S diramava un comunicato che non solo dava notizia del voto favorevole, ma precisava anche: «Abbiamo presentato anche un progetto di legge perché riteniamo che interventi normativi volti a favorire il car pooling possono anche contribuire a distinguere tra la sana condivisione di un mezzo di trasporto tra due privati e pratiche di abusivismo».

Dunque, tutto dipenderà dalla sorte di quest'altro progetto di legge, oltre che dalla formulazione del decreto legislativo con cui il Governo attuerà la delega alla riforma del Codice della strada (sempre che essa venga definitivamente approvata nelle versione licenziata ieri dalla Camera). Ma è chiaro che una definizione come quella entrata ieri nella delega apre un varco nel quale gli agguerriti avvocati di Uber cercheranno di infilarsi.

Infatti, nel caso delle auto, il concetto di “remunerazione” si presta a varie interpretazioni. Tutti d'accordo sul fatto che la definizione approvata dalla Camera voglia dire che il guidatore dell'auto che condivide tragitti con i passeggeri non deve guadagnarci, ma il punto è che il rimborso spese che essi dovrebbero dargli si può calcolare in svariati modi. Per esempio, si considera solo il costo del carburante e dell'eventuale pedaggio o anche una quota per l'usura, la manutenzione e la svalutazione del mezzo? E quale criterio va usato, tra i tanti possibili, per calcolare ciascuno di questi elementi di costo? Basta adottare criteri “generosi” per trasformare di fatto un rimborso spese in una sorta di reddito per il guidatore.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi