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Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2014 alle ore 16:17.

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(Ap)(Ap)

L'orrore degli 80mila morti, legati al narcotraffico, spinge il Messico ai vertici della classifica dei Paesi più violenti al mondo.
Una strage che pareva circoscritta a quel mondo maledetto di marginalità e affari, droga e commerci clandestini. Invece no.
I 43 studenti scomparsi quindici giorni fa a Iguala, nello stato di Guerrero e la scoperta di fosse comuni in cui sono stati rinvenuti i resti di alcuni ragazzi, conferiscono al problema ulteriore gravità.

Iguala è una città assediata, il presidente Enrique Peña Nieto è intervenuto in tv rimarcando la volontà di arrivare ai colpevoli di una strage di tale portata.
Le piste al vaglio degli inquirenti sono varie. Tra queste la più inquietante riguarda il sindaco di Iguala, José Luis Abarca e sua moglie, María de los Angeles Pineda, fuggiti due giorni dopo l'attacco del 26 settembre. La donna, sorella di due narcotrafficanti, viene indicata in un rapporto dell'intelligence come la persona che avrebbe ordinato al direttore di pubblica sicurezza di Iguala di reprimere la manifestazione degli studenti per timore che potessero interrompere un discorso che doveva tenere quello stesso giorno.

La polizia locale pare quindi pesantemente coinvolta in questa strage. Intanto migliaia di persone hanno manifestato in diverse città messicane affinché si faccia giustizia. Forse in conseguenza della strage, la polizia messicana ha arrestato Vicente Carrillo Fuentes, leader del cartello di Juarez e tra i principali ricercati in Messico: lo ha annunciato ieri la Commissione nazionale per la Sicurezza messicana.

«Confermiamo l'arresto di Vicente Carrillo Fuentes da parte della polizia federale di Torreon», nello stato di Coahuila, ha detto un portavoce della Commissione.
Soprannominato Viceré, Carrillo Fuentes è fratello del leggendario “Signore dei Cieli” e fondatore del cartello della droga di Juarez; si era sottoposto ad alcuni interventi di chirurgia estetica per sfuggire negli anni alla cattura, secondo quanto riferito dal dipartimento di Stato Usa, che aveva offerto una ricompensa di cinque milioni di dollari per il suo arresto.

Le ragioni di una guerra che gli ultimi 3 presidenti del Messico (Vicente Fox, Felipe Calderon, Enrique Peña Nieto) non hanno saputo contrastare sono molti: la prima risiede nella corruzione degli apparati di sicurezza. La seconda, ancora più difficile da controllare, è quella dei canali commerciali. La frontiera del Messico con gli Stati Uniti, lunga migliaia di chilometri, è un colabrodo e quello americano è il mercato di sbocco più interessante e redditizio è proprio il Nord America.
Oltre al fatto che gli Stati Uniti si confermano il grande contribuente dei programmi mirati a combatterlo. Un business molto florido.

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