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Questo articolo è stato pubblicato il 13 ottobre 2014 alle ore 21:27.
L'ultima modifica è del 14 ottobre 2014 alle ore 07:44.

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Antonio D’Alì - AnsaAntonio D’Alì - Ansa

Il senatore trapanese Antonio D’Alì, relatore della legge di stabilità 2014, lascia il Nuovo Centrodestra e torna alla casa madre: Forza Italia. «La componente di governo liberale che dovrebbe garantire l’equilibrio con le istanze della sinistra vi si trova decisamente minoritaria nei numeri e nella capacità di incidere nelle scelte importanti», spiega. In parole povere: le larghe intese stritolano gli alleati nella morsa del Partito democratico. Silvio Berlusconi, che da tempo corteggiava il senatore (e non solo lui), esulta: «Chiunque crede negli ideali del centrodestra oggi non può che avere come riferimento Forza Italia».

Le ragioni dell’addio
Nella lunga nota con cui rende noto il ritorno in Fi il senatore si toglie più di un sassolino dalla scarpa. Nella riforma costituzionale - afferma D’Alì - Ncd «è stata più volte addirittura ignorata dal nuovo partito democratico di Renzi e pur tuttavia ne ha assecondato senza reagire le più disparate e talvolta sconnesse scelte». Infelice allo stesso modo, per il senatore, «è stata la scelta dell’alleanza alle elezioni europee che ha privilegiato uno schema di vecchio centrismo di sopravvivenza piuttosto che affrontare con coraggio la sfida del nuovo». D’Alì se la prende anche con la gestione delle politiche locali e in particolare con il «vergognoso, inefficiente funambolismo» del Governo «sulla pelle dei siciliani». Dice di aver provato a sollecitare la valutazione «di un ritorno a un vero concetto di larghe intese che non pregiudicasse il fondamentale obiettivo di un futuro centrodestra compatto e coerente», registrando però «ancora una volta la ricerca di un rifugio opportunista più che quella di una chiarezza politica». Parole che pesano, quelle del senatore. Come quando rinfaccia a Ncd la volontà di «rimanere staticamente nel Governo anche subendo la prevaricazione del Partito democratico rispetto all’interesse e al futuro politico del Paese».

Gli alfaniani alla finestra
L’addio di D’Alì non è indolore, e le reazioni nel partito di Alfano lo dimostrano. La diaspora metterebbe in seria difficoltà il Nuovo centrodestra, soprattutto al Senato dove i numeri della maggioranza sono già risicati. Il più pacato è Renato Schifani: «La presenza di amministratori di Ncd della provincia di Trapani conferma che la scelta di Antonino D’Alì di lasciare Ncd è una scelta personale e non di territorio. Rispetto le sue motivazioni, anche se non le condivido». L’Occidentale, il giornale online del Nuovo Centrodestra, attacca: «Pur avendo abbracciato il laicismo più sfrenato in tema di famiglia e di unioni gay, Forza Italia evidentemente ha a cuore il precetto evangelico del perdono: il vitello ucciso per il “traditor prodigo” è ancor più grasso di quello servito a cena per il ritorno di Noemi Letizia». Ma è il coordinatore del partito di Alfano, Gaetano Quagliariello, a usare le parole più dure: sul piano politico, dice, l’analisi di D’Alì «lascia sconcertati». Soprattutto alla luce dell’atteggiamento di Berlusconi, che quando ha deciso di abbandonare le larghe intese, «non si è certo attestato su una opposizione dura ma al posto del Governo ombra cerca accordi nell’ombra con una parte del Governo». Per Quagliariello, per fare l’unica opposizione dura a Renzi «le opzioni sono due: accodarsi a Salvini o raggiungere Landini». Le contromosse di Ncd non si faranno attendere: domani Alfano farà il punto in una riunione con i gruppi parlamentari per dare il via libera alla costituzione dei gruppi unici liberal-popolari.

Berlusconi gongola e incontra Luxuria
Il leader di Forza Italia (e tutto il vertice azzurro) non nasconde la soddisfazione, anche perché D’Alì potrebbe essere il primo di una serie di ritorni. Sfilare parlamentari ad Angelino Alfano significa conquistare più potere di contrattazione con il Governo. Dopo l’intervento di ieri - in cui aveva bollato di nuovo gli alfaniani come traditori - i toni di Berlusconi sono quindi rimasti alti. Tanto che oggi il Cavaliere ha messo nero su bianco la «gioia» per il rientro di D’Alì: «Chiunque creda negli ideali del centrodestra non può che avere come riferimento Forza Italia». Un alt deciso a qualsiasi ipotesi di alleanza in vista delle regionali. Che va di pari passo con la battaglia a favore delle unioni civili, un altro vistoso tentativo di smarcarsi dagli ex alleati che invece, Alfano in testa, stanno combattendo lancia in resta contro le registrazioni delle unioni nei Comuni. A segnare la distanza, l’ultima mossa di stasera: Berlusconi ospita a cena ad Arcore Vladimir Luxuria, che non esclude «una nuova alleanza perché Renzi potrebbe avere più intesa con Berlusconi che con Ncd sul tema delle unioni civili». Da qui a ipotizzare la volontà di far cadere il Governo ce ne corre: nessuno ha voglia e interesse ad andare alle urne. Ma le maggioranze, questo sì, sono sempre più variabili.

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