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Questo articolo è stato pubblicato il 14 ottobre 2014 alle ore 11:03.
L'ultima modifica è del 14 ottobre 2014 alle ore 11:27.

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Il sindaco di San Ferdinando, Domenico Madafferi, in una foto di archivio (Ansa)Il sindaco di San Ferdinando, Domenico Madafferi, in una foto di archivio (Ansa)

Al cellulare di Domenico Madafferi, per tutti Mimmo, sindaco di San Ferdinando (Reggio Calabria), risponde la segreteria telefonica. Peccato. Lui, che è sempre stato disponibile con i media, soprattutto quando si trattava di commentare l'arrivo delle sostanze chimiche nel porto di Gioia Tauro, avrebbe trovato le parole per commentare il suo fermo nell'ambito dell'operazione Eclissi. Da ore, infatti, il Comando provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria sta eseguendo 26 decreti di fermo emessi dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria a carico anche di presunti appartenenti alla cosca di 'ndrangheta Bellocco, che nel mandamento tirrenico si divide la supremazia nell'area portuale e nella zona di Rosarno con la cosca Pesce.

Le accuse, a vario titolo, sono associazione mafiosa, traffico di droga, estorsioni, danneggiamenti, intimidazioni. Sequestrate anche aziende tra le quali ristoranti, negozi e attività imprenditoriali.

Il sindaco Madafferi è accusato di concorso esterno. Secondo le prime ricostruzioni avrebbe favorito il rilascio di licenze e autorizzazioni per negozi nella disponibilità della cosca attraverso il rilascio di false attestazioni anagrafiche. Avrebbe anche fornito informazioni per permettere alla cosca di aggiudicarsi appalti relativi alla gestione della raccolta dei rifiuti solidi urbani.

Lo scorso anno i carabinieri avevano arrestato il comandante e un agente della polizia municipale di San Ferdinando perché avrebbero agevolato la cosca Bellocco nell'intestazione fittizia di un bar.

Oltre al sindaco di San Ferdinando, che due anni fa aveva aderito al Pd, i carabinieri hanno sottoposto a fermo anche il vicesindaco, Santo Celi, espressione di una lista civica e un consigliere comunale di minoranza, Giovanni Pantano, tra i fondatori, il 6 novembre 2013, del meet up del Movimento 5 Stelle di San Ferdinando. Diploma di Istituto tecnico industriale, sposato con 4 figli, Pantano si occupa di amministrazione del personale e contabilità presso un'azienda privata. Nel presentarsi nel blog del meet up grillino, dice di sé di essere «risoluto, pignolo e di sani valori. Credo nella giustizia e nella legalità».
Se le indiscrezioni fossero confermate ci troveremmo di fronte ad un filone rituale: la pervasività di una cosca che arriva a permeare ogni aspetto della vita amministrativa di un ente locale, indipendente da chi governa e chi è all'opposizione.

Del resto la cosca Bellocco, nonostante i durissimi colpi assestati negli anni ai suoi vertici e i sequestri e le confische di beni mobili e immobili susseguitisi a ritmo incalzante anche fuori dai confini calabresi (le sue radici arrivano fino alla Lombardia, attraversando quasi tutte le regioni italiane), resta una delle più potenti. I suoi affari miliardari derivano dal traffico di droga (che passa anche per il porto di Gioia Tauro), usura e traffico d'armi, con conseguente riciclaggio di enormi flussi di denaro in attività apparentemente lecite.
Per capire l'importanza della cosca, basta rifarsi al libro “Fratelli di sangue” scritto nel 2007 dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, con lo studioso Antonio Nicaso, nel quale si ricorda che il capobastone Umberto Bellocco conferì il grado di santista a Giuseppe Rugoli che, con il consenso di un altro capo, Carmine Alvaro, diede vita nel 1983 alla Sacra corona unita pugliese.

La smentita del Movimento Cinque Stelle
«Il consigliere comunale di San Ferdinando (Reggio Calabria) Giovanni Pantano, da poco arrestato in un'operazione contro la ‘ndrangheta, non è mai stato un rappresentante istituzionale del Movimento Cinque Stelle». Lo hanno precisato i parlamentari M5S Dalila Nesci, Nicola Morra, Paolo Parentela e Federica Dieni, che aggiungono: «Sappiamo bene che Pantano aveva già cercato di spacciarsi come esponente del Movimento, ma era stato richiamato subito, in quanto le sue affermazione pubbliche non rispondevano al vero. Si atteggiava, anche pubblicando per conto suo dei video».
«La verità – proseguono i parlamentari M5S – è che Pantano rappresentava soltanto se stesso nel consiglio comunale di San Ferdinando ed era da ultimo transitato all'opposizione. Aveva tentato maldestramente di avvicinarsi al Meet Up locale, proponendosi all'attenzione pubblica in occasione del trasbordo di armi siriane a Gioia Tauro. Occorre chiarire che Pantano non è mai stato eletto con il simbolo M5S, ma ha cercato illegittimamente di parlare a nome del Movimento, pure se mai scelto dagli iscritti tramite il voto in rete, col quale selezioniamo i nostri candidati».

r.galullo@ilsole24ore.com

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