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Questo articolo è stato pubblicato il 15 ottobre 2014 alle ore 06:38.


ROMA
Tutto da rifare. Dopo 18 votazioni il Parlamento non è riuscito ad eleggere i due giudici della Corte costituzionale né il componente laico del Csm. Un fallimento annunciato, visto che sin dal mattino i capigruppo di Pd, Fi, Ncd avevano spedito un sms invitando deputati e senatori a votare scheda bianca. Manca l'accordo sul candidato di Fi. Manca soprattutto all'interno del partito di Silvio Berlusconi, tant'è che quando era ancora in corso la chiama, in Transatlantico già era cominciato il totonomi sul prossimo candidato.
Tra questi anche quello del siciliano e più volte ministro ed ex parlamentare Enrico La Loggia, che si aggiunge a quelli di Maurizio Paniz e del presidente della commissione Affari costituzionali Francesco Paolo Sisto. Così come si torna a parlare della possibile discesa in campo di un tecnico e in particolare del costituzionalista Giovanni Guzzetta. Ipotesi che per avere qualche chance di realizzazione dovrebbe essere accompagnata dal passo indietro anche del candidato "politico" del Pd ovvero di Luciano Violante. Finora i democratici si sono mostrati irremovibili sul nome dell'ex presidente della Camera ma il perdurare dell'impasse potrebbe alla fine imporre di cambiare cavallo. Tra i tecnici di area Dem i nomi più gettonati sono quelli dei costituzionalisti Augusto Barbera e Stefano Ceccanti.
Resta però il punto interrogativo su Fi. Silvio Berlusconi aveva suggerito i nomi di due tecnici – Antonio Catricalà e successivamente Ignazio Francesco Caramazza – ma entrambi sono stati costretti a ritirare la loro candidatura a seguito del fuoco amico piovutogli addosso. Anche il politico Donato Bruno però non ce l'ha fatta e non solo per l'indagine della procura di Isernia. A Bruno, prima ancora che uscisse la notizia, erano venute a mancare diverse decine di voti (così come del resto a Violante) a conferma della difficoltà di raggiungere un accordo che poi trovi il leale sostegno di tutti. Un campanello d'allarme tanto per Renzi che per Berlusconi. Soprattutto in prospettiva con riferimento alle voci, che a giorni alterni si ripropongono, sulla fine anticipata del settennato di Giorgio Napolitano.
Questo il quadro desolante dopo la diciottesima fumata nera. A completarlo è stata la provocazione della Lega, che in aula ha distribuito manifestini chiedendo di votare per Pietro Grasso «per il bene del Senato», nel giorno in cui il Consiglio di presidenza di Palazzo Madama ufficializzava la sospensione per 5 giorni del capogruppo del Carroccio Centinaio per i disordini scoppiati durante il voto sul Jobs act. Il risultato è che Grasso è risultato il più votato con 94 preferenze in un mare di schede bianche (524). Il secondo posto con 27 voti se lo è invece aggiudicato l'ex candidato di Fi Donato Bruno, seguito dalla costituzionalista Lorenza Carlassare e da Luciano Violante con 16 voti. Nuova seduta stamattina e Grasso e Boldrini si dicono pronti a nuovi tentativi anche giovedì e venerdì.
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I NODI

Divisioni in Forza Italia
Silvio Berlusconi aveva indicato come giudice della Consulta di area Fi due tecnici: prima Catricalà e poi Caramazza, non votati da quella parte di Fi che li considerava estranei al partito. Ma anche al «politico» Bruno sono mancati i voti. Tra i nomi che si fanno ora: il siciliano e più volte ministro Enrico La Loggia, che si aggiunge a quelli di Maurizio Paniz e del presidente della commissione Affari costituzionali Francesco Paolo Sisto
Il Pd insiste su Violante
Finora i democratici si sono mostrati irremovibili sul nome dell'ex presidente della Camera Luciano Violante. Ma il perdurare dell'impasse potrebbe alla fine imporre di cambiare cavallo. C'è infatti anche un'ipotesi «tecnica» con il costituzionalista Giovanni Guzzetta. Ma servirebbe un passo indietro anche del candidato "politico" Violante. Tra i tecnici di area Dem i nomi più gettonati sono quelli dei costituzionalisti Augusto Barbera e Stefano Ceccanti
La provocazione della Lega
A complicare la situazione c'è stata ieri la provocazione della Lega, che in aula ha distribuito manifestini chiedendo di votare il presidente di Palazzo Madama Pietro Grasso «per il bene del Senato», nel giorno in cui il Consiglio di presidenza ufficializzava la sospensione per 5 giorni del capogruppo del Carroccio Centinaio per i disordini durante il voto sul Jobs act. Il risultato è che Grasso è risultato il più votato con 94 preferenze

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