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Questo articolo è stato pubblicato il 16 ottobre 2014 alle ore 06:38.

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ROMA
L'allarme – molto forte – riguarda l'Europa e l'Italia: è il pericolo dell'Isis che fa scattare l'allerta e mette anche al centro la necessità di una strategia nei confronti della Libia dove, l'ulteriore destabilizzazione del Paese, può agire da detonatore. È questo l'esito del Consiglio supremo di Difesa presieduto da Giorgio Napolitano che tratterà questi temi anche oggi nei suoi incontri all'Asem, dove in serata è previsto un bilaterale con Putin. «La pressione militare dell'Isis in Siria e in Iraq implica rischi rilevanti per l'Europa e per l'Italia, anche per la forza attrattiva che il movimento sembra poter esercitare su altre formazioni jihadiste e dell'estremismo islamico in aree non contigue ai territori controllati». Dunque un allarme molto preciso che è la conclusione della riunione alla quale hanno partecipato Matteo Renzi, il ministro degli Esteri Federica Mogherini – tra i due c'è stato un siparietto; Renzi le ha detto «per te sarà l'ultimo» – e poi Alfano, Pier Carlo Padoan, il ministro della Difesa Pinotti, dello Sviluppo Guidi e il Capo di Stato Maggiore della Difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli.
Isis e Libia, sono stati questi i due snodi cruciali della discussione che Napolitano e Renzi svilupperanno anche oggi e domani nei vertici già in calendario a Milano. «È quindi necessario che l'Italia – sono le conclusioni del Consiglio di Difesa – insieme a Nazioni Unite e Unione Europea, consideri con estrema attenzione gli eventi in corso ed eserciti ogni possibile sforzo per prevenire, in particolare, l'ulteriore destabilizzazione della Libia. La minaccia costituita dai cosiddetti foreign fighters rende evidente l'esigenza di uno sforzo integrato e senza soluzione di continuità, sia sul fronte informativo sia su quello esecutivo, da parte dei dispositivi di sicurezza esterna e interna nazionali e internazionali».
Un'emergenza internazionale che «pur nei limiti della ridotta disponibilità di risorse, esige una rapida trasformazione delle nostre Forze Armate e dell'organizzazione europea della sicurezza. Se le prime dovranno essere rese più pronte ed efficaci nelle aree di prioritario interesse per il nostro Paese, il solo sforzo nazionale non potrà essere sufficiente a garantire l'Italia, come ciascuno dei Paesi europei, dalle minacce e dai rischi che si prospettano già nel breve termine».
Dunque ci si aspetta un'escalation in tempi brevi e anche per farvi fronte che il Paese deve attrezzarsi. «Il Libro Bianco darà quindi indicazioni circa la strategia di integrazione politico-militare che il Governo intende realizzare in ambito Ue e Nato». Con dei limiti che sono già scritti, nel senso che il contributo italiano «non potrà che essere limitato in termini di uomini e mezzi ma il nostro Paese dovrà essere in grado di fornire un apporto qualificante sul piano delle iniziative di prevenzione e di risoluzione delle crisi». E qui c'è già un compito per il nuovo Alto Rappresentate: «Il Consiglio auspica un rilancio delle istituzioni della global governance che operano in questo settore, a partire dalla Common Security and Defence Policy (CSDP). Il nuovo Alto Rappresentante potrà certamente sostenere le iniziative italiane».
Ma ci sono compiti di riorganizzazione che aspettano l'intero sistema della Difesa: «Nel Libro Bianco ci sarà massima priorità all'obiettivo dell'integrazione interna delle nuove Forze Armate e del sistema Difesa nel suo complesso. E altrettanto urgenti sono i provvedimenti volti a consentire un rapido deflusso o reimpiego del personale militare in esubero: essenziali per risolvere il problema di efficienza e di economicità dell'apparato militare. Sviluppare la massima sinergia tra le diverse componenti logistiche e amministrative, ma soprattutto operative e di comando delle Forze Armate rispetto agli effettivi compiti da assolvere». E si è parlato di marò e della «necessità di continuare a perseguire una rapida soluzione». Infine il conflitto in Ucraina di cui si parlerà oggi a Milano perché «è indispensabile dare continuità agli sforzi diplomatici».
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