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Questo articolo è stato pubblicato il 18 ottobre 2014 alle ore 08:11.
L'ultima modifica è del 18 ottobre 2014 alle ore 09:12.

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Nella due giorni del 10° vertice Asem, il meeting Asia Europa che ha portato a Milano 50 Capi di Stato e di governo europei ed asiatici, sono stati rilanciati i già profondi legami economici tra le due aree continentali.
Le cifre parlano chiaro: secondo le ultime statistiche europee, i partner asiatici nel 2013 pesavano per il 44% delle importazioni europee e per il 30% dell'export europeo. Evidenti i reciproci vantaggi già esistenti anche se oggi, a causa della crisi europea, il piatto della bilancia pesa a favore del dinamismo dell'Asia. Il più esplicito è stato il filippino Benjamin Philip Romualdez, Ceo della Benguet e presidente della Chamber of Mines delle Filippine, quando nel corso dell'Asia-Europe Business Forum, ha detto agli europei: «La nostra crescita è la vostra opportunità», non perdete l'occasione. «E – ha aggiunto Emma Marcegaglia, presidente di Eni e di BusinessEurope- facciamo fronte comune contro il rischio dei protezionismi per rafforzare interscambio e investimenti».
Ma a dominare la scena della due giorni milanese è stata la politica estera, quella che dipana con i conflitti, le frizioni, i pericoli di risorgenti populismi. Ai tavoli della crisi ucraina ad esempio, si sono visti tre desk al lavoro: le elezioni locali indette dai separatisti nell'Est, che si vorrebbero riportare all'interno di un quadro nazionale, gestiti soprattutto da François Hollande, Angela Merkel, Vladimir Putin, e il presidente ucraino Petro Poroskenko; il tema dei droni per sorvegliare le frontiere, gestito in un meeting fra il ministro degli Esteri ucraino Pavlo Klimkin, quello russo Serghiei Lavrov, Federica Mogherini e il responsabile dell'Osce Didier Burkhalter; un tavolo tecnico sull'energia con rappresentanti russi, ucraini ed europei, soprattutto di Bruxelles.
Al di là dei risultati ottenuti dalla due giorni dell'Asem, e al di là del fatto che al tavolo dei negoziati mancavano gli Stati Uniti d'America, molto attivi nell'area negli ultimi mesi, il summit ha visto muovere in nuce anche i primi passi di una nuova politica europea che ribalta la versione storica di Robert Kagan e vede oggi gli europei venire anche da Marte e non solo da Venere. Una linea che in economia sottolinea con sempre maggior enfasi la crescita rispetto alla austerità e sulla politica estera spinge sugli interessi strategici dell'Unione (in materia energetica, di sicurezza e cambiamenti climatici) rispetto ai singoli interessi nazionali di breve termine. Non a caso il premier Matteo Renzi, salutando José Barroso e Herman Van Rompuy, all'Asian Europe Business Forum a margine dell'Asem, ha ricordato che il prossimo cambio di poltrone a Bruxelles non sarà solo di facce, ma anche di politiche.
Più rispondenti alle sfide dei populismi in politica economica e più assertivi di un interesse comune europeo nelle sfide per la sicurezza dell'Unione. Se Francia, Germania, Italia, Russia, Ucraina sono già pronte a collaborare per l'invio dei droni e di personale per controllare la linea del cessate il fuoco, questo può essere visto come l'inizio promettente di una politica estera europea pragmatica, meno retorica e più disponibile al coinvolgimento diretto senza aspettare sempre che altri tolgano, a loro spese, le castagne del fuoco dal braciere europeo.
Un'euro-politica esterameno basata sugli equilibrismi, meno giocata in difesa e che osa di più in attacco.
v.darold@ilsole24ore.com
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