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Questo articolo è stato pubblicato il 18 ottobre 2014 alle ore 08:13.
L'ultima modifica è del 18 ottobre 2014 alle ore 09:12.

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NEW YORK
Barack Obama ha nominato il suo Zar per la lotta all'ebola e alla paura del contagio, che negli Stati Uniti cresce con ciascun caso sospetto e le polemiche sui passi falsi dell'amministrazione e delle autorità mediche.
La nuova poltrona sarà affidata a Ron Klain, 53enne avvocato e finanziere ma soprattutto ex capo di staff del vicepresidente Joe Biden. Con una reputazione di efficace manager e abile politico, sarà incaricato del coordinamento dell'intera strategia anti-contagio e farà riferimento al ministro della Homeland Security Lisa Monaco e al consigliere per Sicurezza nazionale Susan Rice. La reputazione conquistata gli servirà: le critiche sono fioccate da parte di leader sia repubblicani che democratici al Congresso davanti alla risposta finora data dalla Casa Bianca alla minaccia di epidemia. Carenze sono emerse soprattutto nel Cdc di Atlanta, il Centro nazionale per il controllo e la prevenzione delle malattie infettive. Il suo direttore, Tom Frieden, è stato il volto pubblico del governo sull'ebola ma, chiamato a testimoniare in Parlamento, è stato duramente attaccato per non aver saputo spiegare la sottovalutazione della crisi.
Dopo la prima vittima dell'ebola nel paese, Thomas Duncan, deceduto pochi giorni dopo l'arrivo dalla Liberia all'ospedale Texas Health Presbyterian di Dallas, il Cdc ha consentito a un'infermiera che lo aveva assistito e riportato sintomi di malessere di volare in Ohio. Ieri un tecnico del laboratorio dello stesso ospedale, che aveva condotto esami su Duncan, è stato rintracciato su una nave da crociera della Carnival nei Caraibi. A sua volta gli erano stati consentiti viaggi prima dell'introduzione di restrizioni più severe: la donna non presenta sintomi ma ha scelto l'isolamento volontario in una cabina della nave, ferma con cinquemila persone a bordo al largo del Belize che, creando un caso diplomatico, ha rifiutato lo sbarco per un rimpatrio via aerea.
Obama, nelle ultime ore, si è convinto della necessità di alzare il tiro dell'offensiva sia politica che sanitaria. Aveva già cancellato una tappa di campagna elettorale per organizzare giovedì, mentre dai banchi congressuali si moltiplicavano gli appelli ad agire, un vertice governativo a porte chiuse. Al termine aveva indicato come «ragionevole nominare una persona» per gestire la sfida dell'ebola. Il presidente ha anche aperto la porta a misure più controverse decise questa settimana da alcuni paesi, Giamaica, St. Lucia e Colombia: la messa al bando dei viaggi con le nazioni a rischio. Obama ha fatto sapere di non avere «obiezioni filosofiche» a simili provvedimenti se saranno raccomandati dagli esperti. Il governatore repubblicano del Texas Rick Perry ha chiesto apertamente un divieto all'ingresso di passeggeri in arrivo dai paesi africani più colpiti. In uno sviluppo positivo, l'Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato una potenziale epidemia sconfitta in Senegal. I casi sono però in aumento in Liberia, Sierra Leone e Guinea.
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