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Questo articolo è stato pubblicato il 18 ottobre 2014 alle ore 17:59.
L'ultima modifica è del 19 ottobre 2014 alle ore 08:54.

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Jens Weidmann (Epa)Jens Weidmann (Epa)

Quei verbali dovevano restare segreti per trent’anni. Invece sono usciti sul New York Times. E fanno emergere uno scontro ai massimi livelli nell’organo di governo della Banca centrale europea, il Consiglio direttivo.

Siamo a cavallo tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013. Le banche di Cipro sono con l’acqua alla gola, messe in ginocchio dalla ristrutturazione del debito greco, di cui erano grossi investitori, e dal crollo dei prezzi del mercato immobiliare cipriota. Una di queste, la Laiki Bank (Banca popolare di Cipro) , è sull’orlo del collasso. Non si tratta di un istituto qualunque: è il secondo gruppo bancario dell’isola.

La Bce è la sola istituzione in grado di fornire la liquidità necessaria alla Laiki, attraverso la Banca centrale cipriota, per evitare che fallisca. Lo può fare grazie alla Emergency Liquidity assistance (Ela), uno strumento nato proprio allo scopo di assistere istituti di credito ancora solvibili ma con problemi di reperimento della liquidità a breve. La linea di credito viene concessa. Sono ben 9 miliardi di euro, pari a due terzi del Pil cipriota.

In cambio della liquidità la banca cipriota deve fornire garanzie, il cosiddetto collaterale. Ed è proprio su questo punto punto che Jens Weidmann, il presidente della Banca centrale tedesca e membro del Governing Council della Bce, solleva dei dubbi. In un duro confronto con il governatore della Banca centrale cipriota, Panicos Demetriades, Weidmann accusa Cipro di avere gonfiato di oltre un miliardo il valore dei titoli offerti in garanzia dalla Laiki Bank. Klaas Knot, governatore olandese, e Christian Noyer, capo della Banca di Francia, appoggiano il numero uno della Bundesbank.

«Non è compito del Consiglio direttivo - avrebbe detto Weidmann secondo i verbali visti dal New York Times - tenere in vita banche in attesa di essere ricapitalizzate che attualmente sono insolventi».

L’epilogo della storia è noto. La Bce in effetti minacciò di chiudere i rubinetti alle banche cipriote se il Paese non avesse accettato di aderire al piano di salvataggio messo a punto da Unione Europea e Fondo monetario. Un piano, infine accettato da Nicosia dopo molte traversie, che consisteva in un prelievo forzoso sui conti correnti oltre i 100mila euro e nella liquidazione della Laiki Bank.

Landon Thomas Jr, il giornalista del New York Times autore dello scoop, afferma di aver avuto accesso «a un’ampia porzione» dei verbali delle riunioni Bce nel periodo compreso tra il maggio 2012 e il gennaio 2013. Un periodo cruciale per l’Eurotower, coinciso con il famoso «Whatever it takes» (tutto il necessario) pronunciato da Draghi a fine luglio a Londra e poi con il lancio dell’Omt, il programma di acquisto illimitato di titoli di Stato il cui solo annuncio ha contribuito in maniera determinante a calmare le acque sul mercato del reddito fisso.

La Bce ha replicato all’articolo del Nyt. «C’era pieno consenso nel Consiglio direttivo - afferma in una nota - sulla necessità di ricevere rassicurazioni dalla Banca centrale di Cipro sulla solvibilità di quella banca. Questa ci diede la conferma e, dopo un intenso dialogo con noi, confermò anche che la valutazione del collaterale era corretta».

All’Eurotower comunque questa vicenda non è piaciuta affatto. «La stiamo prendendo seriamente e stiamo valutando tutte le opzioni», ha dichiarato un portavoce. Chi ha dato al reporter quei verbali? Ovviamente non si sa. Le minute della Bce dovrebbero essere viste soltanto dai 18 governatori delle banche centrali nazionali, dai 6 membri del Comitato esecutivo e dagli assistenti che li accompagnano alle riunioni.

Le regole cambieranno dal prossimo anno, quando il Consiglio comincerà a pubblicare un resoconto dei meeting alcune settimane dopo il loro svolgimento, in linea con quanto fanno Federal Reserve, Banca d’Inghilterra e Banca del Giappone.




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