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Questo articolo è stato pubblicato il 19 ottobre 2014 alle ore 17:08.
L'ultima modifica è del 20 ottobre 2014 alle ore 11:46.

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«Con taglio di 6 mld Irap mettiamo a dieta lo Stato»
«La burocrazia - sostiene Renzi - è uno dei cinque o sei problemi enormi che abbiamo. Il primo è la pubblica amministrazione: dobbiamo premiare sul serio quelli che se lo meritano. E oggi possiamo usare le nuove tecnologie. Con il provvedimento che è all’esame del Senato dobbiamo snellire, semplificare». Le altre sfide, ribadisce il premier, sono il fisco, le riforme costituzionali e quella «fondamentale» della giustizia: «Può attrarre investimenti, far aprire le fabbriche e creare posti di lavoro». Il fine è quello di avere «un Paese più semplice, da cui i ragazzi non devono scappare», mettendo da parte «le bandiere dei singoli schieramenti». Con il lavoro in cima ai pensieri: «C’è da ridurre la tassa sul lavoro. Oggi un imprenditore paga un sacco di soldi ma non arrivano al lavoratore, perché la spesa dell'imprenditore se la mangia lo Stato. Mettiamolo a dieta. Sono i 6 miliardi dell’Irap».

Gli italiani non spendono per paura
Il premier osserva che «l’Italia è il Paese al mondo con il più alto tasso di risparmio e di ricchezza». Cita i numeri: 2mila miliardi di debito pubblico «perché i politici hanno fatto le cicale» e quasi altrettanti di risorse che gli italiani hanno nelle banche e nei conti correnti, più altri 2mila che lo Stato ha in immobili e partecipazioni. «Significa che i cittadini invece hanno fatto le formichine. Oggi continuano a farlo, persino durante la crisi, perché hanno paura». E la paura si risolve «creando un clima diverso nel Paese, che è quello che stiamo cercando di fare».

Tfr: «Lasciamo ai cittadini la libertà di fare come vogliono»
Sul Tfr in busta paga, Renzi riconosce che i sondaggi danno gli italiani divisi a metà, ma difende la proposta e la definisce «una scelta saggia. «Lasciamo ai cittadini la libertà di fare come vogliono», dice tra gli applausi del pubblico.

Genova: ristorare subito le imprese danneggiate
«Non sono andato a Genova perché non volevo fare passerella», afferma il presidente del Consiglio. Promettendo di tornare dopo aver fatto cose concrete. La prima: «Capire perché alcune opere pubbliche non sono state fatte, in particolare un singolo intervento da 35 milioni: chi è che l’ha bloccato? Andrò quando sono partiti i lavori». Cita lo Sblocca-Italia, l’impegno a far ripartire da Nord a Sud i cantieri interrotti. «Saremo credibili - afferma - se il miliardo e rotto di opere già pronte saranno finalmente spese e se permetteremo reazione immediata davanti alle emergenze». Come «quei ragazzi bellissimi che spalano il fango, io piano piano cerco di spalare il fango della burocrazia». Renzi annuncia poi l’impegno di trovare il meccanismo per «dare ai negozianti, alle piccolissime e medie imprese danneggiate i denari che permetteranno loro di non chiudere». A differenza di quanto fatto finora, «perché la legge prevedeva che non si potessero dare soldi al privato». Infine, un’esortazione alla classe politica: «Avete visto l’Emilia Romagna? Dopo il terremoto non hanno mollato, hanno tenuto botta, sto inaugurando fabbriche e capannoni riaperti. Bisogna avere una classe politica che stia al fianco».

Burlando ha sbagliato, ma non deve dimettersi
Sul governatore della Liguria, Claudio Burlando, sotto attacco perché alla fine di una conferenza stampa aveva detto a un giornalista di Primocanale «Farete una brutta fine perché siete una roba inqualificabile», Renzi chiarisce: «Ha sbagliato. Ha usato una frase infelice ma ha chiesto scusa». Il premier (smentito poco più tardi dal direttore di Primocanale, secondo cui le scuse del governatore ligure non sono mai arrivate) non pensa che Burlando debba dimettersi. «Sotto stress può succedere. Adesso basta polemiche. È il momento di rimboccarsi le maniche, di far vedere che ci si mette il cuore. Poi tra sei mesi si vota, i cittadini sceglieranno».

Unioni civili, legge da gennaio anche con norme sulla cittadinanza
Sulle unioni civili Renzi conferma l’intenzione di disegnare una legge alla tedesca da presentare in Parlamento da gennaio. «Credo - dice il premier - che partirà dal Senato subito dopo le riforme costituzionali e la legge elettorale, che speriamo di chiudere entro l’anno. Capisco le opinioni diverse, però per rispetto alle persone, alla vita che ci sta dietro, evitiamo di riaprire l’ennesima violenza ideologica. Abbiamo trovato un punto di sintesi giusto, non è il matrimonio né la situazione di oggi». Nella legge, annuncia, ci saranno tre riconoscimenti: la civil partnership alle coppie gay, la cittadinanza ai bambini figli di immigrati, nati in Italia e che abbiano completato almeno un ciclo scolastico, e una robusta semplificazione al terzo settore, quei «4,9 milioni di italiani che fanno i volontari e il servizio civile» davanti ai quali «mi inchino».

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