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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2014 alle ore 06:40.

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«La Grecia uscirà dal Memorandum, non andremo a elezioni anticipate a marzo e riusciremo a sopravvivere senza nuovi aiuti internazionali», aveva detto, il premier greco Antonis Samaras a un gruppo ristretto di giornalisti a Milano a margine dei lavori del summit Asem.
«Atene uscirà dal memorandum della troika solo d'intesa con Bce, Ue e Fmi. Non sarà un divorzio», aveva precisato Sofia Voultepsi, portavoce del governo greco cercando di gettare acqua sul fuoco dopo le pesanti reazioni dei mercati azionari e dei bond decennali, il cui rendimento era schizzato dal 5,7% al 9%, spaventati dalla troppa fretta del governo ellenico.
Tornato in patria il premier Samaras ha ribadito la volontà di anticipare l'addio ai patti con gli organismi internazionali creditori magari sostituendoli con qualche forma di monitoraggio. I patti con la Grecia termineranno a fine anno per quanto riguarda Ue e Bce e ai primi del 2016, per quanto riguarda l'Fmi con circa altri 15 miliardi di euro ancora da erogare su un totale di 240 miliardi di euro di aiuti. «Ci sentiamo pienamente a nostro agio», ha risposto Samaras alla domanda se il Paese possa affrontare da solo il fabbisogno che, secondo il Fiscal Monitor di ottobre dell'Fmi, sarà pari nel biennio 2015-2016 a 25 miliardi di euro.
«Alla Grecia non serve un nuovo memorandum con i creditori internazionali. Il tempo dei memorandum (dopo quattro anni di prestiti, ndr) è finito per il Paese. La marcia normale verso l'uscita dalla crisi non sarà fermata», ha ribadito il primo ministro conservatore intervenendo martedì sera ai lavori del 13esimo Congresso delle aziende del turismo ellenico (Sete).
«La Grecia sta uscendo dalla crisi e sarà un Paese assolutamente sicuro nel periodo post-memorandum», ha aggiunto Samaras intendendo così inviare un messaggio fermo circa la volontà del governo da lui guidato insieme ai socialisti del Pasok di andare avanti sulla strada delle riforme. Inoltre, affermando di «non voler mettere a rischio quanto ottenuto sinora», il premier ha voluto inviare un messaggio tranquillizzante dopo le perplessità sollevate dagli ambienti economici internazionali circa la fretta che il suo governo avrebbe dimostrato nel cercare di liberarsi dalla troika (Fmi, Ue e Bce) e tornare sui mercati internazionali «con le proprie gambe».
Ma i tempi della politica interna premono. A febbraio il Parlamento greco deve scegliere il nuovo presidente della Repubblica. E i voti del Governo (155) sono ben lontani dalla maggioranza richiesta (180 su 300) per l'elezione. In caso di mancato quorum la Costituzione ellenica parla chiaro prevedendo il voto anticipato ed è qui che Samaras vuole spuntare le armi alla sinistra radicale di Syriza che lo accusa di essere la longa manus dei creditori internazionali attraverso i piani di austerità contenuti nel memorandum. Ma se a quel punto Samaras si presentasse agli elettori dopo aver spedito a casa la troika e aver concesso salari minimi per le famiglie più disagiate, l'opposizione di Alexis Tsipras si ritroverebbe con le armi spuntate. Senza memorandum a fare da ombrello protettivo alla Grecia inoltre sarebbe proprio il premier Samaras il vero garante di una Grecia stabile che torna ad avere un surplus primario di 2,7 miliardi a luglio e il Pil in crescita dello 0,6% dopo sette anni di recessione. Addirittura Richard Gnodde, co-chief executive officier di Golman Sachs International, ha detto recentemente che «i mercati sosterranno Atene a condizione che prosegua il percorso di stabilizzazione sul fronte fiscale mantenendo il surplus primario e i progressi sulla bilancia dei pagamenti». Parole che pesano sui mercati.
Quanto alle banche greche che in vista degli stress test della Bce sono state accusate da Fitch di avere una montagna di crediti in sofferenza, il Governo greco ha fatto sapere che sono ben capitalizzate e in ogni caso nell'Hellenic stability fund ci sono ancora 11 miliardi disponibili in caso di corto circuiti per intervenire.
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