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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2014 alle ore 06:39.
L'ultima modifica è del 06 novembre 2014 alle ore 11:01.

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ROMA - «Fine del gioco delle poltrone per i partiti grazie al M5S». Il capogruppo grillino alla Camera, Andrea Cecconi, canta vittoria dopo l'apertura di Renzi al Movimento per superare lo stallo nell'elezione di due giudici della Consulta. Un impasse che si estende anche alla scelta di un nuovo consigliere per il Csm dopo la dichiarazione di ineleggibilità della dem Teresa Bene.

«Da mesi - spiega Cecconi riferendosi alla richiesta del premier di scegliere un nome per il Csm e di votare con il Pd due componenti per la Corte costituzionale - chiediamo nomi super partes, slegati dai giochi della politica» e ora «i partiti sono costretti ad abdicare al bene comune». A noi, chiarisce, «non importano i nomi e le poltrone, ma persone valide e indipendenti nelle istituzioni di garanzia», e se «verranno fatti nomi degni, noi li voteremo».

La proposta di Renzi pone di fatto al Movimento due alternative: proporre un proprio nome per palazzo dei Marescialli, e rompere il tabù degli accordi con il partito di maggioranza, contribuendo oltretutto ad eleggere un candidato dem alla Consulta. O limitarsi a mettere in gioco i propri voti, lasciando comunque al Pd la scelta di nomi non associabili alla politica. Nel corso della giornata, nessuna delle due opzioni è sembrata prevalere, anche se Danilo Toninelli, vicepresidente M5s in commissione Affari costituzionali rilancia per la Consulta il nome di Franco Modugno, «candidato distante dalla politica che ha i requisiti necessari». E per il Csm cita Alessio Zaccaria, «scelta avallata dagli attivisti con il voto on line. Non vediamo ragioni per rinunciare». Toninelli dà però voce anche all'anima tradizionalmente d'opposizione del movimento: «Renzi bussa a noi perché non ha voti».

In casa Pd, la linea - ribadita in mattina dalla ministra Boschi: «Noi abbiamo fatto delle aperture. Ora aspettiamo anche gli altri» - è quella di attendere una risposta ufficiale prima di procedere al ritiro della candidatura Violante per la Corte costituzionale. Quindi spazio ai contatti con i pentastellati, con un occhio a Fi, spiazzata e irritata dall'accelerazione di Renzi, che rischia di mettere in angolo gli azzurri nella partita delle nomine. Quella del premier appare infatti una strategia "win-win", che lo vedrebbe comunque vincitore. Se il M5S accetta di convergere, potrebbe chiudere la partita senza passare da Forza Italia. Al tempo stesso, la sua mossa è un chiaro segnale a Berlusconi: basta con le incertezze, trovate un nome che veda finalmente i deputati azzurri compatti nel voto (finora, la mancata elezione dei vari candidati proposti da Pd e FI è dovuta soprattutto ai maldipancia del centrodestra).

E in effetti le acque di FI si sono smosse. Il capogruppo a palazzo Madama Romani annuncia infatti per la prossima settimana «delle proposte di unità che non verranno dall'alto», mentre Berlusconi spiega ai senatori di avere già in mente una rosa ristretta di tre nomi per la Consulta «nomi autorevoli, che non conosco». Come Renzi in queste ore, anche il leader di FI starebbe pensando di indicare un'altra donna per la Consulta.
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