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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2014 alle ore 12:05.
L'ultima modifica è del 25 ottobre 2014 alle ore 17:05.

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I magistrati contabili parlano dell'«obbligatoria formalizzazione di un dissesto fattualmente in atto ormai da troppo tempo, la cui esplicita dichiarazione, lungi dal costituire un danno per il Comune, potrebbe consentire al medesimo di utilizzare lo strumento giuridico (l'istituto del dissesto, per l'appunto) più incisivo previsto dal nostro ordinamento per la tutela degli enti locali in decozione». Il dissesto, aggiungono, garantirebbe tutte le tutele ai numerosissimi creditori e agli «incolpevoli cittadini reggini che risultano ormai già ampiamente incisi, sul terreno tributario e tariffario, dai provvedimenti assunti in esecuzione del piano di riequilibrio». La terna commissariale fece ricorso, accolto il 5 maggio dalla Corte.

Fatto sta che il buco di bilancio esisteva e la colpa non era certo da addebitare ai commissari.

Casa di vetro?
Grande imbroglio, slogan che tutti tirano per la giacchetta, è poi quello dell'opacità amministrativa.

Per il centrodestra mai ci fu casa di vetro come quella gestita in dieci anni di governo. Chi vedeva il marcio era un nemico della città: giornalisti in testa, additati, senza motivo. di cialtronaggio e partigianeria.

Per il centrodestra mai ci fu, invece, amministrazione più permeabile alla criminalità e alla corruzione.

Anche in questo caso, un giudice terzo (anzi, più di uno) venne a mettere le cose in chiaro. Carrellata parziale: dapprima le relazione della Ragioneria generale dello Stato sulla contabilità, poi le indagini della Procura sulla gestione malavitosa di alcune società partecipate dal Comune, poi (e soprattutto, come una pietra tombale) lo scioglimento per contiguità mafiosa del consiglio comunale disposto il 9 ottobre 2012 dal Governo, ancora l'incandidabilità di ben otto amministratori comunali tra i quali l'ex sindaco Demetrio Arena, stabilita il 23 dicembre 2013 e infine la condanna in primo grado a sei anni per abuso d'ufficio e falso in atto pubblico, per i bilanci comunali dal 2008 al 2010, comminata il 27 marzo 2014 all'ex sindaco del “modello Reggio”, quel Giuseppe Scopelliti nel frattempo diventato Governatore e poi costretto alle dimissioni. I guai, però, non sono finiti, perché ci sono altre indagini in corso.

Eppure...
A Reggio Calabria la corsa alla poltrona non conosce comunque crisi. La lunga stagione commissariale, partita il 9 ottobre 2012 dopo lo scioglimento del consiglio comunale per contiguità mafiosa, mentre governava il delfino dell'(ex) Governatore Giuseppe Scopelliti, Demetrio Arena, non sembra aver fiaccato la volontà dei reggini di correre, domenica 26 ottobre, per uno scranno. Gli aspiranti sindaco sono nove e le 32 liste hanno accolto un esercito iniziale di 930 candidati: uno ogni 162 aventi diritto al voto (71.557 uomini e 79.635 donne). Poche, pochissime le donne candidate, a testimonianza che, in Calabria, la politica è roba da uomini.

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