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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2014 alle ore 12:05.
L'ultima modifica è del 25 ottobre 2014 alle ore 17:05.

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E' come se ogni condominio avesse, oltre all'amministratore, un candidato alle elezioni amministrative. I più grandi anche due. Solo ville e villette a schiera non rientrerebbero nella casistica ma farebbero media.

Strana questa voglia di battersi per entrare in un consiglio che dovrà gestire decenni di incuria amministrativa trasversale ai partiti, le macerie del modello Reggio del centrodestra che ha governato dal 2002 per 10 anni esatti e le scorie della gestione commissariale. Vale a dire: casse vuote, tributi al massimo, evasione alle stelle, servizi al lumicino, investimenti con il contagocce e, soprattutto, una macchina burocratica infiltrata da corruzione e criminalità organizzata.

Voglia di (con)correre
Un compito da titani attende dunque il futuro sindaco e la sua giunta e neppure il miraggio (che pure in riva allo stretto con il fenomeno della fata Morgana di tanto in tanto appare) della Città metropolitana sembra giustificare tante energie.

Domandare ai candidati il perché di tanto affanno sarebbe come chiedere all'oste se il vino è buono e allora non resta che chiedere ad Angela Napoli, ex vicepresidente di An della Commissione parlamentare antimafia, che alle precedenti amministrative gridò a tutti che il voto a Reggio non era libero. E questa volta? «C'è la volontà di possesso, di comando della cosa pubblica – dice al sole24ore.com – nonostante siano chiamati a gestire un'eredità di sfascio completo e a fare i conti con la potenza della ‘ndrangheta, che è ancora indiscussa. E' inutile pensare che scioglimento e le recenti operazioni della magistratura abbiano debellato la ‘ndrangheta. E' incomprensibile come vogliano andare a tutti i costi allo sbaraglio. Tra l'altro gira e rigira ci sono rappresentanti in un modo o nell'altro di gente che ha comandato, che si è resa responsabile dello sfascio. Figli di incandidabili, nipoti, amici ex assessori, ex trombati, amici degli amici».

Fatto sta che rispetto ai fasti del passato e alle promesse scopellitiane della città policentrica a ritmo di musica, oggi tutto è in tono minore. Le piazze centrali sono vuote e si animano solo un po' le periferie, più che mai abbandonate a se stesse. «La campagna elettorale è stata in sordina – spiega al Sole 24 Ore Ivan Tripodi, promotore della lista Sinistra Per Reggio, l'unica ad avere parlato apertamente di lotta alla ‘ndrangheta nel programma – perché manca la possibilità di promettere prebende e posti di lavoro. Resta così sullo sfondo il vero problema che è quello della burocrazia marcia e della ‘ndrangheta finora onnipresente in Municipio».

Incognita cosche
Non negano voti a chi li chiede in cambio di promesse certe da mantenere ma la sensazione è che le cosche vogliano stare un giro alla finestra, pronte a mestare dopo, quando il sindaco avrà finito di godersi la (breve, brevissima) luna di miele con i reggini e magari sperare in un ritorno al voto per dettare, questa volta, legge. Sotto le ceneri di due anni di gestione commissariale, infatti, covano troppi fuochi. Quello che rischia di tramutarsi in incendio è l'esercito dei precari del pubblico impiego, di quelli che vivono delle occupazioni socialmente (in)utili e quelli delle due società partecipate in liquidazione (Leonia e Multiservizi , piegate dalle cosche) e della Sati (società per l'attrazione degli investimenti) sciolta il 17 ottobre. La sensazione è che il peggio debba ancora arrivare, anche perché a loro potrebbe unirsi il popolo del commercio, delle imprese e dei servizi, che muoiono giorno dopo giorno.

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