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Questo articolo è stato pubblicato il 28 ottobre 2014 alle ore 16:29.
L'ultima modifica è del 28 ottobre 2014 alle ore 19:32.
La Riksbank svedese taglia ancora per combattere la deflazione. La banca centrale di Stoccolma ha portato il tasso di riferimento a quota zero, dallo 0,25 per cento. È il terzo taglio consecutivo in meno di un anno, dopo la riduzione decisa a dicembre (dall'1% allo 0,75%) e quella di luglio (dallo 0,75% allo 0,25%), con l'obiettivo di far risalire i prezzi: l'indice di settembre è risultato in calo dello 0,4%, dopo il -0,2% di agosto e lo zero di luglio. Nei 23 mesi da novembre 2012 a settembre, l'inflazione del paese è stata, in media, pari al – 0,1 per cento.
Svezia in deflazione
La deflazione tecnica – forse non ancora economica – del paese non aveva impedito alla Riksbank di tenere i tassi di interesse a livelli relativamente elevati, l'un per cento, per un anno intero, da dicembre 2012, dopo averli alzati forse prematuramente dallo 0,25% di giugno 2010 fino al 2% di luglio 2011 Anche sulla base delle esperienze del passato, la banca centrale di Stoccolma ha presto affiancato al compito istituzionale di tenere l'inflazione al 2%, quello di garantire la stabilità finanziaria: aumenta continuamente infatti l'indebitamento delle famiglie svedesi, con conseguenti turbolenze del mercato immobiliare, e questo fenomeno ha trattenuto la Riksbank dall'abbassare ulteriormente i tassi.
Errori di politica monetaria
Il tentativo di inseguire due obiettivi – inflazione e stabilità finanziaria – con un unico strumento – i tassi di interesse – ha generato secondo alcuni economisti un errore di politica monetaria piuttosto grave, perché nessuno dei due bersagli è stato centrato. A luglio paradossalmente il taglio dei tassi, deciso contro la volontà del presidente Stefan Ingves, era stato accompagnato – ha spiegato Lars Christensen di Den Danske Bank – da un calo, anziché da un aumento delle aspettative di inflazione, anche a causa delle ambiguità della politica monetaria svedese. Ora la Banca centrale intende affrontare l'esuberanza del mercato dei mutui attraverso misure macroprudenziali – semplificando attraverso una vigilanza sul sistema e non solo sulle singole banche – per dedicarsi all'inflazione. Un errore analogo sta compiendo anche Israele che pure, sotto la guida di Stanley Fischer - ora alla Federal Reserve - era riuscita a emergere dalla crisi senza troppi danni.
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