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Questo articolo è stato pubblicato il 28 ottobre 2014 alle ore 12:47.

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In un colpo 450 milioni sequestrati a un imprenditore di Monreale.
Merito della Direzione investigativa antimafia (Dia) di Trapani la cui proposta di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale è stata accolta dal Tribunale di Trapani. Il presidente della sezione Misure di prevenzione, Piero Grillo, ha così emesso il provvedimento di sequestro, condividendo le investigazioni condotte dalla Dia di Trapani, d'intesa con il procuratore aggiunto Bernardo Petralia, coordinatore del gruppo misure di prevenzione della Dda.
Il patrimonio sequestrato a Di Giovanni comprende 20 società operanti nel settore immobiliare e i relativi compendi aziendali; 547 unità immobiliari; 12 veicoli; 8 rapporti e depositi bancari, per un valore complessivamente stimato, appunto, in oltre 450 milioni.

Il profilo
Calcedonio Di Giovanni, l'imprenditore che ha subito il provvedimento, per investigatori e inquirenti non è un affiliato di Cosa nostra ma è certamente, secondo il profilo che ne tracciano, un imprenditore che non disdegna di entrare in rapporti di affari con le imprese mafiose, di assicurare alle cosche l'ottenimento di lauti guadagni e di fungere da anello di collegamento con il mondo economico per l'investimento dei profitti e per l'intestazione dei beni.
Nel comunicato stampa congiunto a opera della Dda e della Dia di Palermo, viene definito «un imprenditore spregiudicato la cui parabola imprenditoriale, esplosa negli anni settanta del secolo scorso, si è indissolubilmente intrecciata con i destini delle “famiglie” mafiose del “mandamento” di Mazara del Vallo (Trapani), uno dei più attivi dell'intera organizzazione criminale, bisognosa di reinvestire in attività lecite i proventi derivanti dalle sue lucrose attività illecite».
Una attenta ricostruzione della storia meno recente della mafia mazarese, dei suoi legami con i vertici di Cosa nostra e della camorra, dopo avere messo in luce l'enorme redditività dei traffici internazionali di stupefacenti e di tabacchi, ha messo in collegamento la figura di Calcedonio Di Giovanni con uno dei principali artefici del riciclaggio internazionale, ossia Vito Roberto Palazzolo, arrestato a Bangkok il 20 marzo 2012 ed estradato in Italia il 19 dicembre 2013.

Vito Palazzolo
Palazzolo – alias Robert Von Palace Kolbatschenko – hanno ricostruito nel 2006 i magistrati – è giunto in Sudafrica il 26 dicembre 1986 sbarcando da un volo Francoforte-Johannesburg ed esibendo agli organi di frontiera un passaporto svizzero a nome di Stelio Domenico Frappoli. Si trattava di un passaporto falso ottenuto dallo stesso Frappoli, amico e compagno di detenzione del Palazzolo, sul quale era stata apposta la sua fotografia.
Evase il 24 giugno approfittando di un permesso gentilmente concesso per 36 ore. Ben utilizzate. Il procuratore federale Carla Del Ponte, collega e amica di Giovanni Falcone, che considerava Palazzolo il cassiere dei Corleonesi, rimase inebetita.
Palazzolo-Von Palace venne condannato il 5 luglio 2006 dal Tribunale di Palermo a 9 anni per associazione mafiosa aggravata e la Cassazione il 17 marzo 2009 confermò la condanna.

Anni Settanta
Nei primissimi anni settanta, Calcedonio Di Giovanni, giovane e insospettabile parente di uno spietato killer a servizio del capo mafia mazarese Mariano Agate, rilevò da Palazzolo, con un notevole esborso finanziario, un enorme complesso edilizio, a destinazione turistica, in fase di realizzazione sul litorale di Campobello di Mazara (Trapani), nel quale erano stati investiti notevoli capitali provento del traffico di droga e contrabbando di tabacchi gestiti da Cosa nostra trapanese e palermitana.
Più collaboratori di giustizia hanno dichiarato che Di Giovanni era portatore degli interessi delle cosche mafiose siciliane, evidenziando anche i suoi collegamenti con il commercialista Giuseppe Mandalari e la massoneria non ortodossa (così viene definita nel comunicato stampa). L'immenso ed incontrollabile patrimonio immobiliare realizzato dallo stesso, con risorse di ignota provenienza, ha ospitato in diverse occasioni pregiudicati mafiosi latitanti.
Negli anni più recenti, attraverso artificiosi e fraudolenti meccanismi, Di Giovanni ha avuto accesso a rilevantissimi finanziamenti pubblici, coinvolgendo nei propri progetti anche interessi della mafia di Castelvetrano (Trapani) e in particolare quelli di Filippo Guttadauro, fratello del capo mafia palermitano Giuseppe Guttadauro e cognato del boss latitante Matteo Messina Denaro.

r.galullo@ilsole24ore.com

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