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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2014 alle ore 16:52.
L'ultima modifica è del 29 ottobre 2014 alle ore 17:31.

(Reuters)(Reuters)

Mentre arrivano notizie incoraggianti da Kobane, città al confine Siria-Turchia, l’Isis, cioè i terroristi che hanno proclamato il Califfato fra Siria e Iraq, fanno propaganda di sangue in Iraq, prove di forza dirette a far passare il messaggio «controlliamo il territorio» mentre la battaglia per la città siriana sotto assedio dal 16 settembre sembra ora volgere a favore delle forze che si oppongono all’avanzata degli islamisti sunniti i quali fanno razzie di minoranze, decapitano occidentali, vogliono imporre una medievale versione della sharia.

Dopo essersela presa con yazidi, cristiani, turcomanni, l’Isis giustizia membri di una tribù dell'ovest dell'Iraq, nella regione di al Anbar. Lo riferisce al Arabiya citando fonti mediche. Secondo le fonti, 46 membri della tribù Albunimr sono stati uccisi con colpi di arma da fuoco alla testa a nord di Hit: responsabili sempre i jihadisti dello Stato islamico. Dall’altra parte delle barricate, le truppe irachene stanno cercando di recuperare il controllo della più importante raffineria petrolifera del Paese e sono ormai a meno di due chilometri da Baiji, occupata da giugno dai jihadisti.

Un’altra buona notizia per la coalizione anti-Isis arriva da Mosul, città capitale del Nord dell’Iraq, dove cresce l’insofferenza della popolazione sunnita per gli uomini neri: decine di migliaia di civili - riferisce il portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Jen Psaki all'agenzia di stampa curda Rudaw - non hanno a disposizione acqua pulita, benzina ed elettricità a causa del peggioramento delle condizioni di vita sotto l'amministrazione dei jihadisti dello Stato islamico, che hanno preso il controllo della seconda città irachena lo scorso giugno, una conquista con cui l’Isis si è imposto all’attenzione dell’Occidente.

Ieri già il quotidiano britannico The Guardian aveva denunciato la crescente ostilità dei sunniti di Mosul verso l'Isis, accolto invece con favore lo scorso giugno, proprio a causa di crescenti difficoltà economiche e dei metodi repressivi usati dai miliziani.

Peshmerga in arrivo a Kobane dalla Turchia
I peshmerga curdi dell'Iraq e i miliziani dell'opposizione moderata a Bashar Assad sono pronti a difendere l'enclave siriana di Kobane dall'assedio dello Stato islamico. Nella notte una settantina di combattenti curdo-iracheni sono arrivati in Turchia: l'aereo delle linee aree turche è atterrato all'aeroporto di Sanliurfa, nel sud-est del Paese, poco dopo l'una di notte, tra enormi misure di sicurezza. Subito dopo un convoglio di tre pullman scortato da 4 jeep blindate dell'esercito turco e un'auto della polizia ha lasciato l'aeroporto diretto verso il confine turco-siriano, distante una cinquantina di chilometri.

Si attende a ore anche l’arrivo del primo gruppo di 80 peshmerga, giunti via terra a pochi chilometri dalla frontiera turco-siriana. E non è ancora chiaro se i due gruppi entreranno a Kobani congiuntamente. In città sono già arrivati un primo gruppo di 50 combattenti dell'Esercito Libero Siriano (Els). Appartengono a un gruppo nato nei mesi scorsi nella provincia di Al Raqqa in funzione anti-qaedista sotto l'egida dell'Esercito siriano libero; e sono arrivati a Kobani a bordo di otto pick-up dopo aver attraversato il valico di frontiera turco di Mursitpinar, dove erano stati trattenuti per tutta la notte dalle autorita' turche.

Vi sono però altre zone della Siria in cui jihadisti continuano indisturbati la loro offensiva: combattono da almeno due giorni per il controllo del giacimento di al-Shaer, nella provincia settentrionale di Homs. L'opposizione siriana conferma inoltre che gli uomini del Califfo sono entrati in possesso di caccia del regime e possono contare su piloti disertori o catturati. Il livello di allarme in Occidente resta altissimo e l'amministrazione Usa ha rafforzato le misure di sicurezza per gli edifici federali.


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