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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2014 alle ore 06:39.

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FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente
Katja Schenke-Layland studia la rigenerazione dei tessuti a Stoccarda. Il team di Dieter Rombach a Kaiserslautern ha appena elaborato un software innovativo per la protezione dei dati. Entrambi hanno vinto quest'anno dei premi internazionali per la loro ricerca. In comune hanno soprattutto una cosa: appartengono a due dei 67 istituti affiliati al Fraunhofer, il sistema tedesco per la promozione e il finanziamento della ricerca applicata che ora sta facendo proseliti in tutto il mondo, dagli Stati Uniti all'Asia.
Fondato nel 1949 con soli tre dipendenti, è stato battezzato in onore di un ricercatore e imprenditore bavarese del 18esimo secolo proprio per la sua storia che intreccia studio e impresa, a differenza degli istituti Max-Planck, dedicati alla ricerca di base. Oggi il Fraunhofer ha circa 23mila dipendenti, quasi tutti scienziati e ingegneri, in istituti e centri di ricerca che godono di larga autonomia, anche se legati in un unico network. Ha un bilancio di 2 miliardi di euro, di cui circa 1,7 miliardi sono riconducibili a contratti. Il 70% di questi sono progetti finanziati dall'industria o da istituzioni pubbliche, il 30% sono fondi del Governo federale o delle amministrazioni regionali.
L'attività dei Fraunhofer spazia dalla medicina alla sicurezza e difesa, dalle comunicazioni alla mobilità, dall'energia all'ambiente, allo studio dei materiali. Si tratta di aree che devono avere un impatto diretto sulla vita delle persone ed essere applicabili nell'industria.
Di fatto, il successo dei Fraunhofer è considerato una componente essenziale del successo dell'industria tedesca nell'innovazione e nella competitività sui mercati internazionali. Non a caso, si tratta di un modello che ora i Paesi che vogliono rilanciare la manifattura, come gli Stati Uniti, cercano di replicare. Negli ultimi anni, il Fraunhofer ha creato una rete internazionale che comprende anche, dal 2009, una sede italiana a Bolzano, la quale rivolge la sua attenzione soprattutto alla ricerca che possa essere applicata da piccole e medie imprese.
Sul campo, l'industria tedesca, soprattutto quella automobilistica, non dorme certo sugli allori. Secondo una ricerca di Strategy&, società del gruppo Pwc, il gruppo che, nel mondo, investe di più in ricerca e sviluppo è la Volkswagen, che l'anno scorso ha speso per R&S 13,5 miliardi di dollari, con un aumento del 19% sull'anno precedente. La cifra è superiore, per esempio, a quella investita da società dell'alta tecnologia come Intel o Microsoft. Nella stessa classifica, contenuta nel rapporto "Global Innovation 1000", pubblicato ieri, la Daimler è al 12esimo posto, con un investimento di 7 miliardi di dollari, la Siemens al 21esimo, con 5,6 miliardi, la Bmw al 23esimo, con 5,5 miliardi. Da notare che, mentre a livello globale, anche per effetto della crisi, la spesa in ricerca e sviluppo dei grandi gruppi è scesa lo scorso anno al secondo livello più basso da un decennio a questa parte, le maggiori imprese tedesche sono andate in controtendenza, aumentando l'investimento in R&S. I primi 45 gruppi tedeschi in questa classifica hanno incrementato la spesa sulla ricerca dell'11% a 55,1 miliardi di dollari, prima economia in Europa, seguita a distanza da Francia (35,8 miliardi), Svizzera (30,8 miliardi) e Regno Unito (20,6 miliardi).
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IN CIFRE

67 centri
La rete sul territorio
Gli istituti affiliati hanno diverse specializzazioni, che vanno dalla mobilità all'ambiente, dalla medicina allo studio dei materiali.
2 miliardi
Il budget annuale
Di questa cifra, 1,7 miliardi sono riconducibili a contratti, il 70% di questi sono progetti finanziati dall'industria o da istituzioni pubbliche, il 30% sono fondi del Governo federale e delle amministrazioni regionali.

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