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Questo articolo è stato pubblicato il 30 ottobre 2014 alle ore 13:41.
L'ultima modifica è del 30 ottobre 2014 alle ore 17:33.

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Se l’Europa rischia di ricadere in recessione, l’America continua a crescere al di là delle previsioni. L'economia americana ha accelerato infatti al 3,5% nel terzo trimestre dell'anno, confermando il giudizio della Federal Reserve sulla crescente solidità della ripresa.

Il Prodotto interno lordo degli Stati Uniti tra luglio e settembre è stato sostenuto da investimenti aziendali e spesa dei consumatori, una ricetta che potrebbe avviare l'economia americana, dopo sei anni di ripresa, su una strada di espansione sostenibile e consentire alla Banca centrale un futuro aumento dei tassi di interesse senza eccessivi rischi di danneggiare l'attività e la fiducia degli operatori economici e finanziari.

La marcia, superiore al 3,1% atteso dagli analisti, ha attenuato almeno per il momento anche i timori di ripercussioni in arrivo dalla debolezza delle economie internazionali, la stagnazione europea e la frenata della Cina. Gli economisti prevedono che se non ci saranno sorprese la Fed, all’indomani della decisione della Banca centrale americana di chiudere il programma di acquisto titoli (Quantitative easing), potrebbe avviare una manovra di normalizzazione della politica monetaria, iniziando ad alzare i tassi dall'attuale livello vicino allo zero a metà dell'anno prossimo, forse al vertice di giugno.

La spesa dei consumatori è cresciuta dell'1,8%, seppur meno del 2,5% del secondo trimestre quando la crescita del Pil era stata del 4,6% rimandando dalla contrazione del 2,1% dei primi mesi dell'anno. Simile l'andamento degli investimenti: sono aumentati del 5,5%, anche se sotto il 9,7% dei tre mesi immediatamente precedenti. L'export, che sostiene la crescita, è lievitato del 7,8% nonostante le ombre sull'economia globale, mentre l'import è scivolato dell'1,7 per cento. Anche la spesa pubblica federale è tornata a salire, al passo del 4,6%, dopo un lungo periodo di austerità.
Qualche segno di debolezza e incertezza però resta. Il settore immobiliare ha mostrato un incremento dell'1,8%, modesto rispetto all'8,8% del secondo trimestre e in un comparto ancora convalescente.

La forbice sempre più ampia tra economia americana ed europea si riflette sui cambi, con l’euro scambiato intorno a 1,2590 contro il dollaro.

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