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Questo articolo è stato pubblicato il 31 ottobre 2014 alle ore 17:55.
L'ultima modifica è del 01 novembre 2014 alle ore 10:34.

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Mare Nostrum addio. Dopo 558 interventi, 100.250 persone soccorse, 728 scafisti arrestati, otto navi sequestrate e decine di migliaia di vite salvate, l’operazione militare e umanitaria cominciata l’anno scorso nel Mediterraneo dopo la tragedia di Lampedusa e a guida interamente italiana si è conclusa. Al suo posto parte Triton, che invece sarà coordinata dall’agenzia Frontex, dunque dall’Europa. E si apre un’altra sfida: creare centri in Africa per iniziare là il lavoro sulle richieste d’asilo.

Alfano: Italia modello per l’Europa
A fare un bilancio e a ringraziare tutte le persone coinvolte, dalla Marina alle forze dell’ordine, sono stati oggi a Roma il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, e la ministra della Difesa, Roberta Pinotti. «Lo voglio dire con grande franchezza: senza Mare Nostrum oggi non avremmo Frontex», ha sottolineato Alfano, rivendicando l’«orgoglio italiano» di essere stati «un modello e un esempio per l’Europa». Il titolare del Viminale ha detto che le vite umane salvate «non sono state tutte quelle che volevamo salvare»: durante le operazioni sono morti in 499, i presunti dispersi sono 1.499, i cadaveri da identificare 192.

Le frontiere a 30 miglia sono di tutti
Alfano ha snocciolato i costi delle operazioni: in un anno Mare Nostrum è costato 114 milioni di euro: 9,5 milioni al mese, 100mila euro al giorno. D’ora in poi, invece, la missione «non costerà un solo euro agli italiani»: per Triton, alla quale aderisce una ventina di Stati europei, servono 3 milioni di euro al mese a carico di Frontex «e i finanziamenti ci sono», ha assicurato Alfano. Ci vorranno due mesi perché il passaggio di testimone sia completato. Il ministro non ha mai nascosto di considerare la staffetta con l’Ue doverosa. «Per la prima volta - ha confermato oggi - l’Europa prende coscienza che le frontiere a 30 miglia dalle coste italiane sono frontiera di tutti». Quella è la linea di pattugliamento delle frontiere marittime, oltre la quale vigeranno le leggi del mare. E in mare, ha garantito Alfano, «si farà quel che si è sempre fatto»: soccorrere chi ha bisogno d’aiuto. «Non c’è alcuna abdicazione ai doveri di soccorso e di ricerca che possa riguardare l’Italia».

«Le domande d’asilo vanno presentate in Africa»
«Il lavoro non si ferma qui. Alfano lo ha detto a chiare lettere: «L’Europa ha fatto una scelta: scendere in mare. Ora occorre coraggio nel fare un’altra scelta, che noi condividiamo e alla quale vogliamo partecipare: creare campi profughi e centri di accoglienza direttamente nei Paesi da cui gli immigrati arrivano. Dobbiamo andare lì, in Africa, per iniziare il lavoro per le richieste d’asilo. La risposta dell’Europa dev’essere lì». L’elemento comune a tutte le domande d’asilo di migranti provenienti da diverse aree è che «quasi il 100% parte della Libia». Dall’instabilità del Paese deriva il fatto che «tutti gli uomini sbarcati sono richiedenti asilo, non più migranti per problemi economici».

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