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Questo articolo è stato pubblicato il 01 novembre 2014 alle ore 08:12.
Marco
Ferrando «Le nostre Fondazioni restano una presenza importante nello scenario decisamente poco affollato degli investitori istituzionali di lungo termine», ha detto ieri tra le altre cose Giuseppe Guzzetti alla Giornata del Risparmio. Sul fatto che gli enti siano una presenza importante non tutti possono essere d'accordo, invece lo scarso affollamento è un dato di fatto. O meglio: lo è stato nel recente passato, soprattutto quando le banche necessitavano di cospicui aumenti di capitale, lo è un po' meno oggi e – probabilmente – domani, ma ciò non toglie che la coda, fuori dalle banche italiane, non sia sterminata. Per lo meno non per tutte le banche.
Ecco perché la fase di transizione che si aprirà nei prossimi mesi, quando verrà definito al 30% il tetto per la partecipazione bancaria all'interno dei patrimoni degli enti (principio della Legge Ciampi mai attuato) andrà gestita con ordine e con i tempi giusti. Per le grandi banche quotate, dove alcuni enti importanti dovranno cedere pacchetti significativi – da Compagnia San Paolo a Fondazione Cariparo per Intesa, da Cariverona alle emiliane per UniCredit – il passaggio dovrà servire a consolidare il percorso di trasformazione in public company degli istituti, cavalcando l'interesse - crescente, visti i multipli tuttora sotto media - dei grandi investitori esteri: il percorso fin qui seguito da UniCredit rappresenta un precedente incoraggiante, e anche la possibile introduzione del voto plurimo (non esclusa dal ceo Federico Ghizzoni l'altroieri) potrebbe rappresentare un ulteriore passo in avanti, perché è strumento che va a premiare gli azionisti stabili, al di là di chi essi siano (e quindi non solo le Fondazioni).
Ci vorrà tempo e ordine. In pratica, un altro atteggiamento rispetto all'improvviso ritocco al trattamento fiscale sui dividendi inserito di punto in bianco con la Legge di Stabilità, una mossa inattesa che ha messo in discussione i bilanci degli enti (al capitolo erogazioni) a due mesi dalla fine dell'anno. E, soprattutto, non bisognerà abbassare la guardia neanche sulle piccole banche non quotate, dove sul mercato potrebbero finire grosse quote. Non è ancora chiaro se l'atto negoziale contenente la riforma di cui ha parlato ieri il ministro Padoan
prevederà una deroga al tetto massimo del 30% per i piccoli enti: sul punto la Legge Ciampi è all'apparenza in contraddizione (prima chiede la diversificazione, poi prevede che i piccoli enti possano controllare le loro banche), ma in ogni caso sarà una prova importante per la stabilità del sistema. Se, come ha ricordato ieri anche il governatore Ignazio Visco, si va verso un processo di consolidamento anche delle banche piccole e medie, è necessario che il tutto avvenga nella massima trasparenza e la logica sia quella dell'efficienza e della razionalità: la priorità, in fondo, restano le banche e non le Fondazioni.
@marcoferrando77
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