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Questo articolo è stato pubblicato il 01 novembre 2014 alle ore 08:12.

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Pm Teresi. (...) Nel corso del dibattito parlamentare per la conversione in Legge del decreto 2 giugno 92, questa discussione fu orientata verso la risposta dura e intransigente, contro l'aggressione mafiosa contro lo Stato dopo le stragi? Cioè, fu unanime questa durezza di necessità? La necessità di una durezza di intervento?
Napolitano: Certamente sì, ma poi d'altronde tutti sanno, tutti ricordano che fu talmente forte l'impatto emotivo della strage di Capaci che mentre si stavano prolungando le votazioni per l'elezione del Presidente della Repubblica, ne venne un forte stimolo direi anche morale a trovare l'intesa necessaria per eleggere senza ulteriori prolungamenti il nuovo Presidente della Repubblica.
Massimo Krogh (difensore di Nicola Mancino): (...) È corretto ritenere che la frase "utile scriba", con quel che segue, nei suoi contatti personali con il D'Ambrosio è rimasta solo una ipotesi?
Napolitano: Certamente, non ha con me mai aggiunto parola dopo, né aveva anticipato parola prima (..)
Krogh: Quindi è un'ipotesi priva di sostegno oggettivo, mi sembra di capire.
Napolitano: Sì, (...) se avesse avuto un sostegno oggettivo, il magistrato, il magistrato eccellente, Loris D'Ambrosio, avrebbe saputo benissimo quale era il suo dovere.
VIA D'AMELIO
Pm Di Matteo: Lei sa, ricorda se la strage di Via D'Amelio in danno del Giudice Borsellino del 19 luglio del 1992 e degli agenti della sua scorta, influì in qualche modo sull'andamento del dibattito parlamentare sulla conversione in legge del decreto?
Napolitano: (...) Sono convinto che quella tragedia di Via D'Amelio rappresentò un colpo di acceleratore decisivo, perché (...) si era arrivati quasi al limite dei sessanta giorni per la conversione in legge del decreto e anche se è vero che in quell'epoca esisteva la possibilità poi, molti anni dopo negata dalla Corte costituzionale, di reiterazione del Decreto, né credo che nessuno allora pensò che in una situazione così drammatica si potesse lasciar decadere il decreto alla scadenza dei sessanta giorni per poi rinnovarlo. Ci fu la convinzione che si dovesse assolutamente dare questo segno all'avversario, al nemico mafioso.
Pm Di Matteo: Presidente, nei mesi successivi si verificarono degli attentati con l'utilizzo di esplosivo, con auto bombe, in via Fauro a Roma, in Via dei Georgofili a Firenze e, nella notte tra il 27 e il 28 luglio del 1993, contestualmente in Via Palestro a Milano e a San Giovanni Laterano e San Giorgio al Velabro a Roma. Ricorda, Presidente, quali furono ai più alti livelli istituzionali e politici le reazioni più immediate a quelle stragi?
Napolitano: (...) La valutazione comune alle autorità istituzionali in generale e di Governo in particolare, fu che si trattava di nuovi sussulti di una strategia stragista dell'ala più aggressiva della mafia, si parlava allora in modo particolare dei corleonesi, e in realtà quegli attentati, che poi colpirono edifici di particolare valore religioso, artistico e così via, si susseguirono secondo una logica che apparve unica e incalzante, per mettere i pubblici poteri di fronte a degli aut-aut, perché questi aut-aut potessero avere per sbocco una richiesta di alleggerimento delle misure soprattutto di custodia in carcere dei mafiosi o potessero avere per sbocco la destabilizzazione politico-istituzionale del paese e naturalmente era ed è materia opinabile. Comunque non ci fu assolutamente sottovalutazione.

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