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Questo articolo è stato pubblicato il 03 novembre 2014 alle ore 18:13.
L'ultima modifica è del 03 novembre 2014 alle ore 19:43.

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Gran Bretagna e Germania sono state finora alleate nella battaglia per introdurre limiti ai sussidi concessi agli immigrati, anche se provenienti dall’Unione europea. Al motto “stop al turismo del welfare”, Londra e Berlino, con Olanda e Austria, hanno sfidato Bruxelles sostenendo che sia legittimo introdurre disparità di trattamento economico o quantomeno difendersi dalle truffe allo stato sociale.

Prima il governo conservatore di David Cameron, poi la grande coalizione tedesca guidata da Angela Merkel hanno quindi varato leggi con l’obiettivo di tenere fuori i nuovi immigrati Ue da alcuni tipi di sussidi, ad esempio gli assegni per i figli. La Germania ha messo a punto un progetto che limita a sei mesi il permesso di residenza al fine di cercare un’occupazione ed esclude dagli assegni di disoccupazione i senza lavoro non tedeschi in cerca del primo impiego.

All’origine delle iniziative anglo-tedesche ci sono tre elementi.

In primo luogo la caduta all’inizio del 2014 delle ultime barriere alla libera circolazione nei confronti di due paesi poveri dell’Unione, Bulgaria e Romania, che hanno fatto temere ondate di immigrati non qualificati e senza concrete possibilità di lavoro.

In secondo luogo l’aumento cospiscuo dei flussi migratori dalle regioni più colpite dalla crisi economica. L’anno scorso la Germania ha visto un vero boom degli stranieri residenti che sono arrivati a 7,6 milioni, in crescita del 5,8% rispetto al 4,1% dell’anno precedente. Nel 2013 il saldo netto è stato di quasi mezzo milione. In crescita costante gli stranieri arrivati sul suolo tedesco dalla cosiddetta Nuova Europa, ovvero i dieci Stati che hanno aderito dal 2004 in poi. Se soltanto un quarto degli arrivi (127mila) era da questi paesi, la percentuale ha registrato un aumento del 15,9 per cento a fronte del 10% dell’immigrazione dalla vecchia Europa. Anche la Gran Bretagna sta sperimentando un balzo degli ingressi e a marzo 2013 ha chiuso l’anno con un saldo netto di 243mila immigrati.

Il terzo elemento della stretta sulla mobilità è puramente politico, sganciato dai numeri reali ma non per questo meno pressante: l’avanzata dei movimenti antieuropei che stanno guadagnando consensi agitando lo spettro dell’invasione di immigrati poveri dai paesi dell’Est. L’Ukip inglese e l’Afd tedesco hanno costretto i governi all’inseguimento ma mentre gli economisti di Alternative fuer Deutschland non sono riusciti ad entrare nel Bundestag, gli indipendentisti di Nigel Farage conquistano seggi a ogni tornata elettorale e si moltiplicano le defezioni tra i Tory a favore dell’Ukip.

Per questo Cameron, a meno di un anno dalle elezioni politiche, ha alzato i toni fino a paventare l’introduzione di quote vere e proprie sull’immigrazione dall’interno dell’Unione. Londra vuole poter scegliere i suoi immigrati europei. Merkel però ha tirato il freno, dicendo che se la Gran Bretagna imboccherà questa china, la Germania non potrà fare nulla per impedire l’unico esito possibile, cioè una sua uscita dalla Ue.

Di recente, ricorda Der Spiegel, alcuni componenti della commissione Esteri del Bundestag hanno incontrato i colleghi inglesi. L’atmosfera, riferisce il settimanale tedesco, è stata molto fredda. Di ritorno a Berlino i parlamentari hanno commentato che a Londra il dibattito politico è totalmente influenzato dall’Ukip. «La strategia dei conservatori di imitare gli indipendentisti non sembra funzionare bene» è stato il commento di Norbert Roettgen, presidente della commissione. E Merkel, ricordando la linea rossa dell’intangibilità della libertà di circolazione, ha preso le distanze dall’euroscettico Cameron.

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