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Questo articolo è stato pubblicato il 04 novembre 2014 alle ore 10:24.
L'ultima modifica è del 04 novembre 2014 alle ore 21:29.

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NEW YORK - Oggi l'America si reca alle urne per decidere se ridurre o contrastare un ritorno della burocrazia, del “red tape”, delle troppe regole che secondo buona parte dell'opinione pubblica e della comunità degli affari stanno complicando la vita e limitando il potenziale di crescita americana.

È attorno a questa tematica centrale e alle sue molte ramificazioni che i repubblicani hanno impostato il loro attacco alla Casa Bianca e ai democratici per vincere la partita elettorale del midterm, e riconquistare la maggioranza al Senato: «Vogliamo autorizzare la Casa Bianca a darci ulteriori istruzioni su come vivere la nostra vita?» ha detto ad esempio Mitch McConnell, senatore del Kentucky futuro capo della maggioranza al Senato. «Se ci sarà il giro di boa dovremo correggere la riforma sanitaria». Correggere, perché per abolirla come vorrebbe Ted Cruz, aggressivo senatore texano a destra di McConnell, ci vorrebbe una maggioranza di 60 seggi consdierata impossibile.

In effetti Barack Obama su queste tematiche si trova in difficoltà. Ha rivoluzionato il sistema sanitario, e i nuovi metodi, oltre ad essere complicati, non hanno raccolto un'adesione entusiastica della maggioranza dell'opinione pubblica; l'amministrazione ha anche introdotto regole ferree per limitare le attività speculative delle banche. Ma la legge si è tradotta in un incubo sia per gli istituti di credito che per i consumatori. La conseguenza più immediata di questa legge è stata alla fine controproducente: le banche hanno trovato il modo per continuare a fare operazioni speculative mirate senza concedere il credito a chi ne aveva bisogno.

E anche se ieri il vicepresidente Joe Biden ha detto che i democratici terranno la maggiroanza al Senato, i sondaggi parlano chiaro: l'indice di gradimento di Obama è attorno al 41,8%. Secondo i sondaggi più recenti oggi si va alle urne con i democratici a 45 seggi sicuri e i repubblicani a 47 seggi sicuri. Gli incerti sono 8, ma la maggioranza dei seggi appartiene a candidati democratici e dunque le probabilità sono molto elevate per una conquista di almeno 4 seggi da parte repubblicana (in tutto i seggi sentoriali in palio oggi sono 36). Scontata la vittoria alla Camera dove i repubblicani potrebbero aumentare il loro vantaggio e dove hanno già 228 seggi sicuri (già la maggioranza su 435 seggi).

Sul tavolo guardando in avanti e sempre che i repubblicani vicano davvero il Sento, ci sono le nomine. Quella al dipartimento per la Giustizia per sostituire Eric Holder. In questo caso è il big business a essere scontento. Holder ha imposto delle multe durissime alle isituzioni finanziarie americane. E la preoccupazione che il dipartimento per la Giustizia potesse applicare alla lettera le nuove regole ha finito con il gonfiare a dismisura il costo del personale addetto alla supervisione.

C'è poi l'argomento delicatissimo della Corte Suprema, il cui orientamento è chiave per gli sviluppi politici economici e sociali del paese, dall'aborto, alle leggi che consentono ai privati di finanziare le campagne elettorali con grande disponibilità di fondi: è possibile che entro due anni si renda disponibile almeno un seggio e l'equilibrio oggi è a favore dei repubblicani.

Fra i conservatori, vi sono il Chief Justice, John Roberts (George W. Bush), Antonin Scalia (Ronal Reagan), Clarence Thomas (Bush Herbert W Bush) e Samuel Alito (George W. Bush). Fra i progressisti, Ruth Bader Ginsburg e Stephen Breyer (Bill Clinton), Breyer, Sonia Sotomayor e Elena Kagan (Barack Obama). Anthony Kennedy (Ronald Reagan) è considerato un conservatore, ma è aperto alle posizioni dei liberals. Visto che è possibile che almeno un altro dei giudici si ritiri, Obama avrebbe la possibilità di nominare qualcuno vicino alla sinistra cambiando cosi la maggioranza per la prima volta in oltre 30 anni. Ma con il Senato a maggioranza repubblicana la Casa Bianca dovrà cercare un candidato per il compromesso. Ci sono anche differenze che riguardano il trattamento fiscale dei cittadini o il salario minimo, che Obama vorrebbe portare da sei a dieci dollari l'ora. Ma ci sono i temi dove si potrà lavorare insieme per dimostrare che Washington ascolta gli elettori e agisce di conseguenza. La legge sull'immigrazione ad esempio, potrebbe finalmente essere negoziata e passare. Il Ttip, l'accordo per liberalizzare i commerci transatlantici, che Obama vuole firmare entro la fine del suo mandato, potrebbe essere rivitalizzato grazie a una maggiore disponibilità dei repubblicani rispetto ai democratici. Lo stesso per il grande progetto Keystone per portare il petrolio estratto dalle sabbie bituminose dell'Alberta, in Canada, fino al Golfo del Messico. La sua costruzione è bloccata da sei anni.

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