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Questo articolo è stato pubblicato il 04 novembre 2014 alle ore 06:39.

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LONDRA
Londra si allontana da Bruxelles e Berlino prende le distanze da Londra. Mettendo in dubbio il principio della libera circolazione delle persone e dei lavoratori all'interno dell'Unione europea David Cameron rischia di raggiungere il «punto di non ritorno» che porterà all'uscita della Gran Bretagna dalla Ue. E questa volta la Germania starà a guardare senza opporre resistenza: questo l'avvertimento lanciato dal cancelliere Angela Merkel al premier britannico.
Ad allarmare la Merkel sono state le recenti dichiarazioni di Cameron sulla possibile imposizione di tetti, quote e limiti al numero di immigrati dai Paesi Ue, che secondo il cancelliere violerebbero il principio-chiave alla base del progetto europeo. Il governo tedesco vuole che Londra resti nella Ue ma non intende scendere a compromessi sulla libera circolazione, ha sottolineato ieri il portavoce della Merkel: «La Gran Bretagna deve chiarire il ruolo che intende svolgere in futuro nella Ue».
Downing Street ha reagito con toni di sfida: la la libertà di movimento non può essere un «diritto incondizionato» e le regole devono diventare più «ragionevoli», ha detto ieri il portavoce del premier.
Mentre nei partiti di opposizione e sui media infuriava la polemica per il monito tedesco, è toccato al cancelliere George Osborne presentare la posizione dei Tories e ribadire che cercheranno di limitare sia il numero di immigrati dalla Ue che il loro accesso ai sussidi statali britannici. «Agiremo in modo calmo e razionale ma sempre nell'interesse nazionale» ha dichiarato Osborne.
Il cancelliere ha minimizzato la querelle nata da indiscrezioni di stampa tedesche, definendola «una storia basata su voci su quello che Merkel potrebbe avere detto a proposito di qualcosa che Cameron potrebbe dire in futuro» e ha voluto ribadire l'unità di vedute tra i cittadini dei due Paesi. «I tedeschi comprendono l'inquietudine degli inglesi quando ci sono persone che arrivano senza lavoro da altre parti d'Europa e reclamano i nostri sussidi» ha detto.
Dopo molte vaghe dichiarazioni, Cameron si è impegnato a presentare prima di Natale una serie di proposte dettagliate sulle riforme che chiede a Bruxelles. Allo studio tra l'altro un sistema per deportare chi dipende ancora dai sussidi tre mesi dopo l'arrivo in Gran Bretagna e il possibile utilizzo del controverso "freno di emergenza" per chiudere le frontiere se l'immigrazione supera una certa soglia.
La retorica più aggressiva di Cameron nelle ultime settimane è stata dettata da ragioni di politica interna. L'ascesa di Ukip, il partito che chiede l'uscita immediata dalla Ue e promette di chiudere le porte all'immigrazione, rischia di danneggiare le prospettive dei Tories nelle cruciali elezioni del maggio prossimo. Ukip ha appena mandato il suo primo deputato al Parlamento di Westminster, grazie alla defezione di un Tory euroscettico, e presto potrebbe averne un secondo. Secondo i sondaggi infatti le elezioni suppletive del 20 novembre a Rochester porteranno alla vittoria del candidato Ukip, che con grande irritazione di Cameron è un altro transfuga dai Tories.
Nigel Farage ieri ha colto la palla al balzo e ha dichiarato che il monito della Merkel è un'ulteriore prova che non esistono compromessi fattibili sull'immigrazione e che quindi la Gran Bretagna deve uscire dalla Ue: «Non è possibile avere un menu à la carte in Europa» ha detto il leader di Ukip.
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