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Questo articolo è stato pubblicato il 04 novembre 2014 alle ore 15:12.
L'ultima modifica è del 10 novembre 2014 alle ore 08:11.

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Catalogna voto (Lapresse)Catalogna voto (Lapresse)

L'80,72 per cento degli oltre due milioni di catalani che hanno partecipato al referendum simbolico sull'indipendenza della Catalogna ha votato sì. Lo rende noto la vicepresidente della Generalitat, Joana Ortega parlando di quasi il 90% dei voti scrutinati.

In Catalogna ieri è stata la cosiddetta «giornata di partecipazione» senza carattere vincolante in cui i cittadini si sono pronunciati sull’indipendenza della regione. Oltre 4,5 milioni di catalani ”over 16 anni”, dei 7,5 milioni residenti nella regione, sono stati chiamati a votare il “processo partecipativo”' affidato a oltre 40.000 volontari, che dalle 8 di ieri mattina hanno costituito 6.695 seggi elettorali in 1.317 punti abilitati al voto. Voto che comunque, nell'impossibilità di definire un censo elettorale e in mancanza di una Giunta elettorale centrale, non ha valore legale.

«Non è la consultazione definitiva, ma è molto importante», ha detto il presidente catalano, Artur Mas, all'uscita del seggio alla Escola Pia di Barcellona. Accolto al suo arrivo ieri alle 11,30 da una selva di applausi e grida di «Indipendenza!», Mas ha votato un doppio sì ai due quesiti sottoposti ai catalani: «Vuole che la Catalogna sia uno stato?». «E, in caso affermativo, vuole che questo stato sia indipendente?» Dopo aver depositato il voto nell'urna, Mas ha sottolineato la sua «felicità» e ha fatto appello al governo centrale ad «ascoltare il clamore della Catalogna». La regione «merita un referendum definitivo, se è possibile concordato con lo Stato spagnolo», ha osservato.

Dopo settimane di tensione e anche di battaglie legali con il governo centrale, gli elettori hanno cominciato a votare e si sono viste alcune code al di fuori dei seggi elettorali.
Il governo di Madrid ha contestato la consultazione nei tribunali, costringendo i leader catalani a riadattarla, da referendum ufficiale ma non vincolante, ad un voto meramente simbolico e organizzato da volontari. Ma pur se simbolico, il voto suona come una sfida aperta a Madrid. Il premier conservatore, Mariano Rajoy, è convinto infatti che, a differenza della Scozia, in Spagna non si possa tenere un referendum sull'indipendenza perché c'è una Costituzione scritta che lo vieta.

Dalla parte di Madrid si è più volte schierata l’Alta Corte, che ha ordinato il congelamento della consultazione di oggi. Dopo la bocciatura di un primo referendum che avrebbe avuto valore vincolante da parte del Tribunale costituzionale, l'Alta Corte si è espressa anche contro il quesito riformulato con valore puramente consultivo dal presidente della Generalitat catalana, Artur Mas.

Orgogliosa della sua lingua e della sua marcata cultura, la Catalogna, 7 milioni e mezzo di abitanti, rappresenta circa un quinto dell'economia spagnola. Le richieste di maggiore autonomia sono serpeggiate per anni, ma mai si erano spinte fino al tentativo del presidente attuale della regione, Arturo Mas. Possono votare i 5,4 milioni di catalani, ma anche i residenti stranieri con più di 16 anni. Ai cittadini si offre anche la possibilità di sottoscrivere una denuncia dell'attitudine del governo nei confronti del «diritto a decidere» dei catalani, denuncia che sarà trasmessa ad organismi internazionali.
Il governo regionale attende i risultati per lunedì. E Mas ha già annunciato che subito dopo chiederà un incontro a Rajoy.

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