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Questo articolo è stato pubblicato il 04 novembre 2014 alle ore 06:37.

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REZZATO (BS). Dal nostro inviato
«Ma sì, è andata». Carlo Pesenti è in piedi, osserva l'auto blu del Presidente del Consiglio che si allontana, può tirare un sospiro di sollievo, tutto ha funzionato. Matteo Renzi è venuto qui a Rezzato, alle porte di Brescia, per "accendere" il nuovo forno dell'impianto di Italcementi, risultato di un investimento di 150 milioni in un settore martoriato dalla crisi. La visita all'impianto segue l'assemblea degli industriali di Brescia. Come a Bergamo, Renzi non si limita al discorso di rito davanti agli imprenditori ma visita singole fabbriche: Tenaris Dalmine qualche settimana fa, Italcementi e Officine Meccaniche Rezzatesi ieri. Mi pare gradisca le inaugurazioni – osserviamo –, «del resto – commenta il consigliere delegato di Italcementi – di questi tempi non sono notizie frequenti». L'investimento di Rezzato, impianto che occupa 118 dipendenti, ha richiesto due anni di lavoro per un nuovo forno in grado di garantire miglioramenti sul piano produttivo ed ambientale. A regime le emissioni si riducono del 75%, con un abbattimento rilevante sia dei consumi energetici che di materie prime.
«Quello è l'impianto vecchio – questo il nuovo» spiega Carlo Pesenti accompagnando Renzi in fabbrica. Il premier stringe mani, saluta gli operai, scattano selfie e pacche sulle spalle, anche se non tutti paiono sostenitori del premier. «L'anno scorso non pagavo l'Imu – ci racconta un operaio – e quest'anno invece pago la Tasi: io come voto gli darei un bel 3». «A parlare è bravo – aggiunge un giovane – ma ora sul lavoro non mi piace. Anche se governare l'Italia è un mestiere difficile». «Per me ha la sufficienza piena – aggiunge un terzo operaio – perché sa quello che dice ed è preparato: e poi prova a mettere toppe su guai creati da altri». Il clima generale a Rezzato è comunque positivo, si tratta pur sempre di un investimento ingente in un settore che dall'inizio della crisi ha dimezzato i propri volumi, con consumi di cemento tornati al 1961, quando in Italia governava Fanfani. «Vado?». Renzi si ferma un attimo prima di schiacciare il pulsante rosso che avvia il forno, segno tangibile della partenza di una nuova produzione. Sulla parete dell'impianto mette la firma accanto a quella del progettista, Alessandro. «Sei di Bergamo? – osserva Renzi scherzando sull'antica rivalità – qui a Brescia è un disastro, come se avessero chiesto ad un fiorentino di progettare la Torre di Pisa». Il tasto rosso è premuto, sul monitor qualcosa si muove, «i 30 secondi più lunghi della mia vita» scherza Renzi; la fiamma infine compare, parte la produzione, scatta l'applauso. «Più facile far partire un forno – proviamo a chiedere – o convincere il Pd a fare le riforme?». A Renzi pare passato il buonumore, saluta cordialmente, risale in macchina. «Io resto ottimista – spiega Carlo Pesenti – se mettiamo un po' di riforme, la svalutazione dell'euro, il calo del greggio, l'arrivo dell'Expo.... Ma sì, secondo me ce la facciamo». «Speriamo – aggiunge il presidente Giampiero Pesenti – è un uomo intelligente, sa quello che dice. Certo, magari molti sono invidiosi, anche nel suo partito, vedono qualcuno che riesce dove altri non hanno ottenuto risultati. Ma se realizza le riforme che promette è un bene, per tutti noi».
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