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Questo articolo è stato pubblicato il 06 novembre 2014 alle ore 13:05.
L'ultima modifica è del 06 novembre 2014 alle ore 15:09.

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Ghennadij Timchenko (AFP Photo)Ghennadij Timchenko (AFP Photo)

Dopo essere finito tra i primi nella lista nera di Barack Obama, in marzo, Ghennadij Timchenko si aspettava qualche altra brutta sorpresa dagli americani. Non si fidava neppure di viaggiare in Europa, malgrado le sanzioni decise dalla Ue nell'ambito della crisi ucraina non lo abbiano coinvolto: «Potrei imbarcarmi immediatamente su un volo per Parigi, Ginevra o Londra - disse in un'inusuale, lunga intervista alla Tass in agosto quello che è stato definito “il più grande oligarca ombra” di Russia -. Ma ahimè, ci sono ragioni per sospettare possibili provocazioni da parte dei servizi segreti americani».

Non si sbagliava: secondo quanto è stato rivelato al Wall Street Journal, Timchenko è oggetto di un'inchiesta della Procura di New York, assistita dal dipartimento Usa alla Giustizia. È sospettato di aver trasferito - attraverso canali finanziari statunitensi - fondi collegati a transazioni illecite in Russia. Attraverso il gruppo Gunvor, gigante internazionale dell'intermediazione petrolifera da lui co-fondato, Timchenko avrebbe acquistato petrolio dalla statale Rosneft per rivenderlo a terzi, e gli inquirenti hanno dubbi sulla regolarità di vendite che potrebbero riguardare beni dello Stato trasferiti illegalmente. Rosneft - a sua volta coinvolta nelle sanzioni occidentali - è diventata la prima compagnia petrolifera statale russa dopo aver inglobato gli asset di Yukos, confiscata a Mikhail Khodorkovskij nel 2004.

L'accusa di riciclaggio - chiarisce il Wall Street Journal - permetterebbe agli Usa di ottenere dall'Interpol un “allerta rosso” per Timchenko, rendendo possibili l'arresto e un'estradizione. Le transazioni oggetto dell'inchiesta sarebbero precedenti all'era delle sanzioni: e proprio a metà marzo, il giorno prima dell'annuncio delle prime sanzioni americane seguite al referendum per il distacco della Crimea dall'Ucraina, Timchenko annunciò di aver venduto la propria partecipazione in Gunvor - che ha sede a Ginevra - al suo partner di sempre, lo svedese Torbjorn Tornqvist. Gli inquirenti americani tuttavia non nascondono di avere un'altra possibile grande preda nel mirino: Vladimir Putin, grande amico di Timchenko.

Il presidente russo, secondo gli Usa, avrebbe partecipazioni in Gunvor. Negli anni, la caccia alle fortune personali nascoste di Putin non è però mai riuscita a centrare delle prove e ora Dmitrij Peskov, portavoce del presidente, definisce «assurdità» le accuse di legami finanziari tra Putin e Timchenko, «incluso ogni investimento in Gunvor». La commodity trading company ha commentato le rivelazioni del Wall Street Journal scrivendo che «non sono mai state mostrate prove a sostegno delle accuse nei confronti di Gunvor», compagnia «intrappolata in uno scambio a fuoco politico».

Putin e Timchenko si conoscono dai tempi degli studi a Pietroburgo, dove a legare i due uomini sono state anche passioni sportive: judo, sci, hockey. Ma l'amicizia con Putin sembra essere stata determinante soprattutto per gli affari di Gunvor e di Timchenko, una fortuna personale collocata tra i 12 e i 15 miliardi di dollari che deve il più grande balzo in avanti proprio agli anni in cui Putin approdò al Cremlino, tra il 1999 e il 2000. Dopo il distacco da Gunvor (quarto commodity trader al mondo) il cuore del business di Timchenko è il Volga Group, fondo privato di investimenti con interessi nell'energia, nei trasporti, nelle infrastrutture, nei servizi finanziari. «A causa delle sanzioni -disse Timchenko in agosto alla Tass - subiamo naturalmente difficoltà finanziarie, ma non sono nulla rispetto ai grandi compiti che stanno davanti alla Russia». Nella vita «bisogna pagare per qualunque cosa - disse ancora -. Anche per il fatto di essere legati ai top leader del Paese».

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