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Questo articolo è stato pubblicato il 07 novembre 2014 alle ore 11:55.
L'ultima modifica è del 07 novembre 2014 alle ore 11:58.

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Il Giappone è pronto a tornare all'energia nucleare dopo quasi 4 anni anni di stop - con una sola limitata eccezione - in seguito all'incidente di Fukushima Daiichi, anche se restano forti le opposizioni e le perplessità nell'opinione pubblica. La prima delle 48 centrali del Giappone a essere riattivata sarà quella di Sendai, nell'isola del Kyushu, mille chilometri a sud di Tokyo: il governatore della provincia Yuichiro Ito e l'assemblea provinciale di Kagoshima hanno dato oggi il benestare, che arriva dopo quello dell'amministrazione locale e l'ok delle autorità di regolamentazione: manca ancora qualche passaggio tecnico e all'inizio dell'anno prossimo i due reattori della centrale torneranno a funzionare.

Non sono mancate le proteste, sul piano locale e nazionale. Il problema, tra l'altro, è che l'opinione pubblica si è spaventata dopo l'improvvisa eruzione a fine settembre del vulcano Ontake costata la vita a decine di villeggianti. La centrale di Sendai si trova a soli 40 km da un vulcano molto attivo che fa da sfondo al panorama del capoluogo provinciale Kagoshima, non a caso città gemellata con Napoli. Oltre al rischio terremoti e tsunami, insomma, è emerso con tutta evidenza il pericolo vulcani sul territorio.

I timori per la sicurezza della popolazione si estendono alla carenza di piani adeguati per l'evacuazione in caso di emergenza. Ma il governo del premier Shinzo Abe sta spingendo con determinazione per il ritorno dell'energia atomica nel mix energetico del Paese, anche perché è impegnato a esportare la tecnologia nucleare nel mondo. Intanto alla centrale di Fukushima Daiichi proseguono lentamente i lavori preliminari al decommissionamento (che durerà decenni): nei giorni scorsi è stato completata la rimozione delle 1331 barre combustibili dal reattore numero 4. Solo per questo ci è voluto un anno.

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