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Questo articolo è stato pubblicato il 08 novembre 2014 alle ore 08:13.

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«Il fatto non sussiste». Assolto con formula piena l'imprenditore romano Francesco Bellavista Caltagirone, imputato per lo scandalo del porto turistico di Imperia con le accuse di truffa aggravata e abuso d'ufficio.
Così ha deciso il Tribunale di Torino, in un vicenda giudiziaria esplosa il 5 marzo 2012 con l'arresto dell'imprenditore mentre usciva dal Municipio di Imperia. «Non ho parole per i giudici - ha detto dopo la lettura del dispositivo -. Sono contento che in Italia ne esistano così. La cosa peggiore mentre ero in carcere è stata che la Procura di Imperia mi abbia impedito la difesa, con un accanimento contro imputati innocenti». Nel processo di Torino, quella della difesa di Caltagirone Bellavista è stata una vittoria su tutta la linea. Prima che la Corte, presieduta dal giudice Cristina Domaneschi, si ritirasse in camera di consiglio, il sostituto procuratore Giancarlo Avenati Bassi - che aveva chiesto 8 anni per Caltagirone Bellavista - aveva presentato istanza di sequestro a fine di confisca di beni per 50 milioni di euro della società "Acquamare", la costruttrice del porto, di cui l'imprenditore detiene il 33% delle quote. Tuttavia, anche questa richiesta è stata respinta. Però, le grane giudiziarie non sono concluse per Bellavista Caltagirone. L'imprenditore risulta indagato dalle procure della Repubblica di Roma (per evasione fiscale) e Civitavecchia. Ed è quest'ultima inchiesta, condotta dagli investigatori del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza della Capitale, che avrebbe fatto luce su sospetti illeciti dietro la costruzione del porto di Fiumicino. Fatti che hanno portato i pubblici ministeri a chiedere e ottenere l'arresto dell'imprenditore il 19 ottobre 2013.
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