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Questo articolo è stato pubblicato il 09 novembre 2014 alle ore 14:33.
L'ultima modifica è del 09 novembre 2014 alle ore 14:41.

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L'accelerazione con il turbo che sarebbe stata necessaria non c'è stata, anche se a livello nazionale l'obiettivo di spesa dei fondi strutturali europei 2007-2013 è stato sfiorato: 62,2% contro il target del 62,5%. Le cinque regioni del Mezzogiorno del «piano convergenza» (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia), su cui confluiscono 31,6 miliardi dei 46,8 complessivi della programmazione 2007-2013, sono però ferme al 57,8%. Le criticità maggiori - se si guarda alla prossima scadenza di fine anno - restano i piani per lo sviluppo regionale della Sicilia (che deve spendere 597,2 milioni in sessanta giorni) e della Calabria (305,6 milioni), oltre ai due piani interregionali per il Sud «attrattori culturali» (251,4 milioni) ed «energie» (206,5 milioni). Se gli obiettivi non saranno raggiunti, Bruxelles taglierà le risorse. Guardando all'orizzonte di fine 2015, quindi alla chiusura del ciclo, il malato più grave resta però la Campania con il suo Fondo europeo per lo sviluppo regionale (Fesr), fermo al 39,2%: in 14 mesi dovrà spendere 2,78 miliardi sui 4,6 programmati da inizio 2007. Anche su questo orizzonte Sicilia in grave ritardo con oltre 2,2 miliardi da spendere.

Da questa fotografia resta altissimo il rischio di perdere parte delle risorse nel grande finale di partita dei fondi strutturali europei 2007-2013. I numeri degli obiettivi da raggiungere nel 2014-2015 per non perdere risorse, del resto, fanno tremare, se visti come totale della spesa necessaria: 3 miliardi da contabilizzare nei prossimi due mesi quando nei primi dieci mesi dell'anno si sono spesi 4,5 miliardi; 17,6 miliardi da spendere in 14 mesi, entro il termine-tagliola del 31 dicembre, più del doppio comunque di quanto si riuscirebbe a spendere quest'anno qualora si raggiungesse il target 2014 di 7,5 miliardi. Non si era mai arrivati all'ultimo anno così indietro.

Un'accelerazione che sembra obiettivamente al di fuori della portata soprattutto per il Sud, che deve spendere entro la fine del prossimo anno ben 13,3 miliardi. Anche perché a questo punto le operazioni di riprogrammazione - che le Regioni del Sud hanno sempre criticato aspramente - sono formalmente quasi impossibili in termini di spostamento di risorse da un programma all'altro. Tutto quello che si poteva fare, soprattutto in termini di riduzione del cofinanziamento nazionale, è stato fatto con il Piano azione coesione, un programma parallelo di circa 11 miliardi che viaggia tutt'altro che bene, se il governo è costretto a intervenire anche lì con lo spostamento di 3 miliardi dai vecchi progetti a nuove finalità (in particolare la decontribuzione che le regioni del Sud non accettano perché si spalma sull'intero territorio nazionale).

Il Dipartimento politiche per lo sviluppo del ministero dello Sviluppo economico ha reso ufficiali nel dettaglio i dati che erano stati anticipati nel corso della settimana dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio con le deleghe ai fondi Ue, Graziano Delrio. Con il quadro programma per programma è possibile capire dove stanno le principali criticità anche se non scatta nessuna sanzione perché la tornata di monitoraggio della spesa di fine ottobre è solo «nazionale» e non comporta nessun confronto con Bruxelles che ci sarà invece a fine anno. I dodici progetti che non hanno raggiunto gli obiettivi sono Basilicata Fse, spesi 239,5 milioni (74,3%); Calabria Fse, spesi 505,3 milioni (63,1%); Sicilia Fesr, spesi 2.112,9 milioni (48,5%); programma interregionale Attrattori Fesr, spesi 212,6 milioni (33,4%); programma interregionale Energie Fesr, spesi 598,6 milioni (55,8%); programma nazionale Sicurezza Fesr, spesi 589,7 milioni (69,2%); Competitività Lazio Fesr, spesi 499,3 milioni (67,8%); Lazio Fse, spesi 486,9 milioni (66,7%); Bolzano Fse, spesi 89 milioni(59,2%); Trento: Fesr, spesi 42 milioni (67,2%); Sardegna Fesr, spesi 809,2 milioni(59,4%); Valle d'Aosta Fse, spesi 42,1 milioni (65,5%).

Un'altra grana, per altro, si profila all'orizzonte per le Regioni italiane e soprattutto per quelle del Sud, più in ritardo anche nella nuova programmazione 2014-2020. I programmi operativi che non saranno approvati entro fine 2014 o a inizio del 2015 dovranno sottostare alla nuova regola che vuole una sospensione dell'approvazione dei programmi finché non sarà approvato il bilancio dell'Unione e il suo assestamento. Per i ritardatari, quindi, se ne riparlerà nella seconda metà del 2015: in altri termini, anche il nuovo ciclo di pianificazione partirà con due anni di ritardo, a meno che non sia la stessa Unione a spostare al 2021 il termine di programmazione per tutti.

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