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Questo articolo è stato pubblicato il 10 novembre 2014 alle ore 12:03.
L'ultima modifica è del 10 novembre 2014 alle ore 23:20.

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Berlusconi pronto a cedere a richieste di Renzi
Il via libera di Fi al nuovo Italicum proposto da Renzi viene dato per scontato da parte del governo. Silvio Berlusconi, stretto tra la fronda di Raffaele Fitto e gli ultimatum di Matteo Renzi, si è preso un altro giorno di tempo. Ma la decisione ormai sembra presa, con il via libera al premio di maggioranza alla lista. Così come chiesto da Renzi (ma il copyright su questa proposta è del m5s che la aveva avanzata in streaming alla delegazione Pd lo scorso 17 luglio). Se le trattative tra i mediatori vanno avanti, la telefonata tra il premier e l'ex Cavaliere, almeno fino a ieri sera, non c’è ufficialmente stata. Temporeggiamenti che non cambiano la tabella di marcia del leader Pd. «Noi siamo pronti, basta rinvii: martedì incardiniamo la riforma e a dicembre voglio l'ok dell'aula», ha incalzato Renzi.

Oggi pranzo ad Arcore, martedì l’ufficio di presidenza
Berlusconi riunisce oggi ad Arcore, per il consueto pranzo del lunedì, i figli e i vertici Mediaset, favorevoli a mantenere in vita il patto del Nazareno. E martedì vedrà i big del partito per motivare l'ok alle modifiche all'Italicum e spiegare perchè Fi non può essere tagliata fuori. L’appuntamento è alle ore 17 a Palazzo Grazioli, dove è convocato il Comitato di Presidenza di Forza Italia.

Renzi tira dritto
Difficoltà che non scalfiscono Matteo Renzi. Il premier resta convinto che in un modo o nell'altro si potrà far marciare spedita la riforma elettorale in Parlamento. «Possiamo tradurre l'accordo nell'ultimo sprint», dice Renzi ai suoi. E pur non volendo in alcun modo anticipare lo scenario di un avvicendamento al Colle, è chiaro che il premier vorrebbe incassare la riforma elettorale prima di aprire le trattative per la successione di Napolitano. Il rischio, spiegano nella maggioranza, «è che troppa carne al fuoco crei un corto circuito di difficile gestione».

La partita del Colle
Tutti al governo, da Graziano Delrio a Maria Elena Boschi, negano che la partita del Colle sia oggetto del patto del Nazareno che, sostiene il sottosegretario, «riguarda solo le riforme». Ma, anche se non detto, la trattativa che verrà sul successore di Giorgio Napolitano pesa eccome sulla scelta di Silvio Berlusconi, non disposto a restare fuori dai giochi. «Noi non vogliamo rompere il patto - assicura Berlusconi - anche se tutta questa fretta di Renzi indica la volontà di andare a votare presto». Se ieri, dunque, l'ex premier non ha sciolto ufficialmente la riserva, così come chiesto dal premier (sia per orgoglio personale, sia per non offrire il fianco alle accuse della fronda di Raffaele Fitto di essere una costola del governo) oggi dovrebbe arrivare il via libera ufficiale.

Da M5s esposto in procura contro patto Nazareno
Chi non sembra intenzionato a entrare nella partita della legge elettorale è il M5s, malgrado il tavolo con il Pd aperto fino allo scorso luglio. Andrea Colletti, responsabile giustizia M5S ha annunciato oggi di aver depositato un esposto-denuncia alla Procura di Roma per «accertare esistenza e contenuto del Patto del Nazareno fra Renzi e Berlusconi». E ha spiegato: «Ho chiesto di verificare se il Patto sia stato effettivamente preordinato a pilotare illegittimamente le riforme in atto nel Paese e a decidere chi nominare come futuro inquilino del Colle». Mentre il senatore Nicola Morra, M5S, a 24Mattino su Radio ha escluso un’intesa col Pd sulla riforma elettorale, in caso di rottura dell’asse Renzi-Berluisconi. «Non siamo i sostituti che stanno in panchina e quando il titolare non ce la fa più o gioca male vengono chiamati in campo», ha tagliato corto.

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