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Questo articolo è stato pubblicato il 10 novembre 2014 alle ore 10:47.
L'ultima modifica è del 10 novembre 2014 alle ore 11:22.

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In Messico si dice che «a los muertos de hoy los tapan los de mañana », ogni brutta notizia viene oscurata da un'altra, più fresca.

Eppure i 43 studenti uccisi dal narcotraffico lo scorso 26 settembre a Iguala, nello Stato di Guerrero, hanno modificato la percezione sociale dei cittadini di fronte a una tragedia che negli ultimi dieci anni ha provocato 80mila morti. Un sussulto di dignità della società civile messicana: la barbarie commissionata dal sindaco di Iguala e dalla moglie, collusi con i narcos, per impedire una protesta pacifica degli studenti diventa intollerabile persino per un Paese abituato alla violenza dei narcotrafficanti.
Il procuratore generale del Messico, Jesus Murillo Karam, dopo lunghe settimane di indagini e la confessione di alcuni esponenti dei tre principali cartelli di droga, ha comunicato che i ragazzi, finora considerati eufemisticamente “desaparecidos” sono stati uccisi e bruciati. Ne è seguita una frase inquietante, proprio perché pronunciata da un uomo politico: «Se il colpevole è lo Stato è perché lo Stato non c'è ».

E' il fallimento di un Paese la cui economia ha fatto notevoli progressi, senza mai riuscire a trainare riforme indispensabili: la giustizia, la lotta al narcotraffico. Gli Stati Uniti, con i vari trattati di libero scambio, non hanno saputo né potuto apportare migliorie. Ma il nodo gordiano, si sa, è un altro: il più grande mercato di sbocco della droga messicana è proprio lì, a nord del Rio grande.
Guerrero è uno stato ricco di materie prime e reso gradevole da un gran numero di spiagge affacciate sul Pacifico e poco lontane da Acapulco. Ciò nonostante il 70% dei suoi abitanti vive in povertà e il tasso di omicidi è quattro volte superiore a quello degli altri Stati del Paese. “Ingovernabile” da tempo immemore, secondo gli storici messicani.
Gli ultimi tre presidenti, Vicente Fox, Felipe Calderon ed Enrique Peña Nieto hanno cercato di dialogare con le Amministrazioni americane senza però ottenere risultati apprezzabili: la lobby dei costruttori di armi si è sempre interposta alla volontà di ridurre il commercio.

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