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Questo articolo è stato pubblicato il 13 novembre 2014 alle ore 11:15.
L'ultima modifica è del 13 novembre 2014 alle ore 11:24.

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Gigi Riva (Ipp)Gigi Riva (Ipp)

Un paio di giorni di influenza, sul finire della scorsa settimana, mi hanno impedito il 7 novembre di celebrare il settantesimo compleanno di Gigi Riva. Farlo subito dopo non avrebbe avuto senso, ma alcuni commenti dei lettori in coda agli articoli che parlano di calcio mi spingono a farlo oggi.

Non tanto per recuperare con auguri tardivi (che comunque vanno di cuore a «Rombo di tuono», come lo aveva soprannominato Gianni Brera) quanto perché Gigi Riva è l’esempio che dimostra come non sempre nel calcio, sport di squadra, la grandezza di un campione è misurabile in base al numero delle vittorie. O meglio ancora ai «tituli», come è diventato di moda dire dopo la famosa conferenza stampa di Josè Mourinho.

Dicevo che in coda ai miei articoli spesso si scatena uno sterile dibattito, o per meglio dire battibecco, tra tifosi che colgono l’occasione per mandarsi più o meno sportivamente, più meno che più, a quel paese. Qualche volta il bersaglio è una squadra, qualche volta un campione (ovviamente di una squadra per cui non si fa il tifo). E la facile ironia ricorrente, ricordo per esempio uno sberleffo indirizzato a Francesco Totti, viene manifestata con l’ormai classico «zero tituli». Come dire che un campione che ha vinto poco non è un vero campione, che solo le vittorie a raffica sono in grado di spalancare le porte dell’Olimpo del calcio.

Gigi Riva, se lo vogliamo vedere con gli occhi miopi di chi conta le vittorie, si potrebbe raccontare con un ironico «non ha vinto niente», visto che nel suo palmares figurano solo due trofei: un Europeo per Nazioni, nel 1968, e uno scudetto con il Cagliari nella stagione 1969/70. Poi più nulla, come accade a tantissimi che inseguono un sogno senza mai riuscire a raggiungerlo davvero.

Eppure Gigi Riva è stato grande, grandissimo, immenso. È stato l’attaccante simbolo di un epoca ed è ancora oggi il punto di riferimento per chiunque, giocando a calcio, ricopra il ruolo di bomber. Lui partiva dalla posizione di ala sinistra e si accentrava, lasciando partire tiri violenti che scivolano sull’erba come palle da biliardo, senza alzarsi di un centimetro da terra: davano la sensazione di essere lenti e invece erano rasoiate imparabili, che raggiungevano gli angolini con la precisione di un missile teleguidato.

Gigi Riva era potenza pura, era classe, era cuore. Gigi Riva condizionava le difese avversarie con la sua sola presenza, costringeva i difensori a trascurare il proprio uomo per raddoppiare su di lui non appena muoveva un passo, usciva dal campo avendo dato tutto ma proprio tutto, senza risparmiarsi mai.

Gigi Riva ha regalato al calcio molto più di quanto abbia ricevuto, la sua generosità lo ha costretto a sopportare infortuni che avrebbero stroncato un toro: resta indelebile nella memoria di tutti quelli che lo hanno visto il ricordo della sua gamba spezzata, mentre indossava la maglia azzurra, dopo uno scontro con il difensore austriaco Norbert Hof. Sarebbe bastato tirare indietro il piede, ma Gigi Riva non lo faceva mai. Gigi Riva il piede lo metteva e lo lasciava lì, senza tremare, perchè ogni pallone poteva essere quello giusto, quello della vittoria.

Gigi Riva ha segnato valanghe di gol: qualcuno quando era poco più di un ragazzino, con la maglia del Legnano; 207 in 374 partite con il Cagliari, la squadra della sua vita, l’amore che non ha mai voluto rinnegare anche quando, a suon di quattrini, era inseguito dai top club di mezzo mondo. Il suo top club è sempre stato il Cagliari, e lì ha voluto rimanere per sempre: più sardo dei sardi, simbolo di un’isola e di un popolo che lo adora come un re che non scenderà mai dal trono.

Gigi Riva è ancora oggi il bomber principe della Nazionale italiana: 35 gol in 42 partite, praticamente con lui in campo bastava passare all’incasso. Un record tolto a Giuseppe Meazza. Un record che, dal settembre del 1973, sta aspettando con pazienza che qualcuno gli si avvicini. Inutilmente.

Gigi Riva è stato Gigi Riva, Gigi Riva è Gigi Riva. E nessuno può toglierlo dall’Olimpo di tutti i tempi. E se a qualcuno scappasse di bocca «zero tituli», peggio per lui. Perchè i campioni veri non si possono giudicare singolarmente con le vittorie di squadra, che nascono anche dalla presenza di compagni straordinari, come quelli che ha avuto Pelè nel Brasile, tanto per fare un esempio facile facile. O che oggi hanno Messi e Ronaldo nel Barcellona e nel Real Madrid.

Nella storia del calcio ci sono centinaia di giocatori che hanno vinto più di Gigi Riva, eppure sono stati dimenticati e tornano alla memoria solo scorrendo gli almanacchi. Gigi Riva lo ricordano tutti, anche quelli che non l’hanno mai visto giocare.

Chapeau! Inutile aggiungere altro.

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