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Questo articolo è stato pubblicato il 13 novembre 2014 alle ore 06:40.
L'ultima modifica è del 15 novembre 2014 alle ore 19:49.

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Jean-Claude Juncker (LaPresse)Jean-Claude Juncker (LaPresse)

BRUXELLES - Il Parlamento europeo ha fatto quadrato ieri intorno al presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, la cui credibilità è stata messa alla prova da uno scandalo fiscale che riguarda il suo Paese d'origine, il Lussemburgo. In un dibattito in plenaria, Popolari e Socialisti hanno espresso la loro fiducia nell'ex premier, chiedendo nel contempo nuovi sforzi nella lotta all'evasione. Dal canto suo, Juncker ha ribadito di voler promuovere una maggiore armonizzazione fiscale.

Nella sua prima presa di posizione dopo la pubblicazione giovedì scorso di una inchiesta giornalistica che ha messo in luce accordi fiscali, generosi e controversi, concessi dal suo Paese tra il 2002 e il 2010 a numerose multinazionali, Juncker durante una conferenza stampa imprevista ha affermato qui a Bruxelles: «Mi assumo la piena responsabilità politica di quanto è stato deciso in Lussemburgo mentre ero al potere. Ciò detto, questi accordi fiscali sono una abitudine radicata in 22 Paesi dell'Unione».
«Tutto ciò che è stato fatto è avvenuto nel rispetto delle regole nazionali e internazionali», ha aggiunto il nuovo presidente della Commissione, in carica da due settimane. Juncker ha poi spiegato che se ciò è stato possibile è perché non esiste armonizzazione fiscale in Europa. Anzi, le imprese hanno a disposizione «un arsenale di regole fiscali nazionali divergenti» da utilizzare per arbitraggi, probabilmente legali ma che non corrispondono «al concetto di giustizia sociale».

Juncker ha negato vi sia un conflitto d'interesse tra la sua posizione di ex premier lussemburghese e di attuale presidente della Commissione, nonostante proprio quest'ultima stia indagando su accordi fiscali concessi ad Amazon e a Fiat. Ha ribadito che la commissaria alla concorrenza Margrethe Verstager ha piena libertà di azione. Nel contempo, l'uomo politico ha ricordato che negli ultimi anni il Lussemburgo ha accettato lo scambio automatico di informazioni bancarie.
Parlando successivamente in Parlamento, Juncker ha ribadito di voler lottare contro l'evasione fiscale e la frode fiscale: «Non sono parole, parole. È quanto la Commissione intende fare (…) Intendiamo agire risolutamente e con ambizione». Abilmente, l'uomo politico ha annunciato la rapida presentazione di una nuova direttiva che dovrà imporre ai Ventotto lo scambio automatico tra i Paesi membri dell'Unione dei diversi accordi fiscali concessi ad aziende multinazionali.

In Parlamento, Popolari e Socialisti hanno dato il loro pieno appoggio a Juncker, dando l'impressione di voler chiudere la partita al più presto. Il capogruppo popolare Manfred Weber ha ricordato la presenza di regole fiscali controverse in molti Paesi dell'Unione. Il suo omologo socialista Gianni Pittella ha apprezzato «l'atto di sensibilità e responsabilità» di Juncker nel presenziare al dibattito: «Non accettiamo di indebolire il presidente Juncker. Sarebbe un regalo agli euroscettici».
La vicenda Juncker appare, se non risolta, almeno sopita. D'altro canto, il Parlamento ha voluto l'ex premier alla guida della Commissione dopo che i partiti hanno fatto campagna elettorale con dei capilista candidati alla presidenza dell'esecutivo comunitario. Un voto di sfiducia a Juncker rischierebbe di ridare il potere di scelta del presidente della Commissione ai Ventotto, poiché è difficile immaginare elezioni anticipate. Anche in questa ottica al Parlamento non conviene sfiduciare Juncker.
Sul fronte fiscale, la partita è aperta. Nel dibattito di ieri i partiti hanno spronato Bruxelles a lavorare per una maggiore armonizzazione fiscale. Il problema è che la questione viene decisa all'unanimità. Due i dossier già sul tavolo che saranno la cartina di tornasole per valutare il nuovo spirito europeo: la direttiva sui rapporti tra casa madre e filiale, discussa dall'Ecofin la settimana scorsa; e quella su una nuova base imponibile comune per tutte le società dell'Unione, presentata nel 2011.
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