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Questo articolo è stato pubblicato il 18 novembre 2014 alle ore 19:07.
L'ultima modifica è del 19 novembre 2014 alle ore 10:36.

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Maria das Gracas Silva Foster Chief Executive di Petrobras (Reuters)Maria das Gracas Silva Foster Chief Executive di Petrobras (Reuters)

Rio de Janeiro con le sue montagne di velluto verde. Rio de Janeiro come luogo in cui convergono le energie di un Paese intero. Vinicius de Moraes, uno dei grandi della storia del Brasile, lo ha sempre detto, «i fatti principali della storia brasiliana passano da Rio ».
Anche quelli meno nobili.
Lo scandalo che scuote il Brasile si chiama Petrobras, il colosso nazionale dell'energia. Con sede a Rio de Janeiro.
Dilma Rousseff - presidente del Brasile rieletto venti giorni fa per il secondo mandato presidenziale – ha rischiato grosso, lo scandalo dei fondi neri di Petrobras ha irritato l'opinione pubblica e sporcato l'immagine del Pt (il Partito dei lavoratori) che avrebbe ricevuto centinaia di milioni di euro in fondi neri. Eppure Rousseff ha vinto ugualmente, seppur di poco, contro Aecio Neves. Ora però il ciclone “mani pulite” in Brasile rischia di falcidiare grandi nomi e una rete di relazioni tra personaggi di primissimo livello. Il ministro della Giustizia José Eduardo Cardozo, ha annunciato che « molti manager non dormiranno sonni tranquilli ».

Tra il 2004 e il 2012 Petrobras ha deviato “fondi” per 3 miliardi di euro, che inevitabilmente hanno alimentato e rafforzato un sistema di corruzione. José Carlos Cosenza, direttore degli approvvigionamenti di Petrobras e Maria das Graças Foster, amministratore delegato di Petrobras, sono accusati di aver “girato” fondi neri. E la Foster ha ammesso di conoscere “da mesi” l'esistenza di uno schema di tangenti anche in Olanda.

In base alle rivelazioni, l'azienda fiamminga SMB Offshore ha confessato di aver pagato complessivamente bustarelle da 139,2 milioni di dollari a dirigenti di Petrobras. Foster ieri ha confermato di essere stata informata tempo fa, al termine di indagini interne che l'hanno messa davanti a una prova lampante di corruzione.
Implicato anche l'ex direttore di Petrobras, Paulo Roberto Costa, e il faccendiere Alberto Youssef, arrestati per riciclaggio e poi divenuti collaboratori di giustizia. Entrambi hanno ammesso di aver ricevuto “commissioni” da grandi imprese nazionali. Insomma una rete di tangenti “in entrata” e “in uscita” da Petrobras.

La società petrolifera si trasforma quindi da grande riserva di valore, capace di svolgere il ruolo di volano dell'economia brasiliana, nella vergogna del Brasile. Viene gravemente offuscato il sistema Paese, quel riformismo innestato su un impianto statalista che aveva attirato l'interesse della scena internazionale.
Rousseff ha dichiarato che «per la prima volta il Brasile ha avviato delle indagini su uno scandalo di corruzione». Una giocata da funambolo, perché pochi credono il presidente fosse all'oscuro di tutto.

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