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Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2014 alle ore 09:04.
L'ultima modifica è del 20 novembre 2014 alle ore 10:03.

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A volte, bastano i numeri: 23, 33, 79. Cosa sono? Le percentuali di giovani dai 18 ai 29 anni che vivevano con i propri genitori nel 2011, in tre diversi paesi europei: 23% in Danimarca, 33% in Olanda e, appunto, il 79% in Italia.

Il valore più alto in Europa, se si esclude l'85% di Malta e Slovenia. Lo dicono dati Eurofound, con uno studio che riconferma il disagio italiano nell'uscire dal nido prima dei 30 anni. I numeri potranno essere cambiati dal 2011 ad oggi, ma resta la domanda: tutti mammoni o c'è un problema di fondo?

Può essere vera la seconda: se si sceglie di laurearsi, dopo le scuole superiori, possono servire almeno sette (7) anni prima di svincolarsi dal tetto materno. Quasi otto in più rispetto alla media di Scadinavia o centro Europa, dove l'autosufficienza scatta a 20 anni. Perché?

Università, sei anni per finire una laurea da tre
Vediamolo insieme. Secondo alcune rilevazioni Istat, le motivazioni che trattengono di più i giovani nelle rispettive famiglie sono un “maggior investimento in studi” (26,8%) e i “problemi economici che creano incertezza per il futuro” (46,4%), categoria che include fattori come la ricerca di un impiego e l'affitto. Il maggior investimento nello studio significa, in questo caso, più tempo del previsto sui banchi delle facoltà per intascare il sospirato diploma. La scelta del 3+2 ha generato l'illusione che gli studenti arrivino prima al traguardo, visto che gli ultimi dati AlmaLaurea mostrano un'età media di laurea in discesa: 25, 5 anni per una laurea di primo livello (3 anni) nel 2013, contro i 27,8 per quelle vecchio ordinamento (quattro anni o cinque anni in blocco) nel 2004. Ma è, appunto, un'illusione: se si tiene conto del biennio di specializzazione, sbocco obbligato per quasi tutti i corsi triennali, l'età media per la laurea finale (3+2) sale di nuovo a 27,8. Né più né meno di quella che si registrava 10 anni fa con il vecchio ordinamento, e molto più di quanto servirebbe nei fatti: una matricola che si iscrive all'età di 19 anni dovrebbe chiudere gli studi triennali a 22/23 anni. Cosa che, sempre secondo AlmaLaurea, si verifica in meno di 2 casi su dieci.

Stipendi troppo bassi
Terminati gli studi, o anche prima, scattano due incognite incrociate: occupazione e affitto. Perché i giovani “non escono di casa se hanno finito di studiare” o, addirittura, lavorano? Le risposte sono più lineari di quanto si potrebbe pensare: perché non trovano impiego, non sono pagati a sufficienza per coprire l'affitto e non godono dei sussidi statali erogati in diversi paesi europei per favorire l'autonomia delle nuove generazioni. Facciamo qualche esempio, seguendo questo ordine. Il 73,3% dei ragazzi dai 15 ai 24 anni di età - un campione di più di 4 milioni di persone – è qualificato dall'Istat tra gli “inattivi” e non può contribuire, almeno sulla carta, all'autofinanziamento delle sue spese. Dopo la laurea scattano i primi stipendi, ma le retribuzioni scendono sotto qualsiasi standard Ue: media di 1000 euro al mese a un anno dal titolo, secondo dati AlmaLaurea riferiti al 2013. Va leggermente meglio ai laureati magistrali “biennali” (il cosiddetto 3+2, 1038 euro) e leggermente peggio a quelli provenienti dai corsi a ciclo unico (laurea di cinque anni alla vecchia maniere, 970 euro). Ma in entrambi casi, si tratta di una cifra (lorda) che basta a malapena per coprire il costo della vita in una città come Milano.

Gli incentivi in Europa
Se si guarda al resto d'Europa, si spiega perché in Danimarca ed Olanda i giovani che restano a casa di mamma e papà fino ai 30 anni non siano più di una minoranza pari a 2-3 casi 10. In Danimarca, dove già l'università è gratis, gli studenti che vivono da soli possono incassare dai 18 anni in poi un assegno mensile pari all'equivalente di circa 400 euro. Il tasso di interesse resta del 4% per l'intera durata degli studi, con uno sconto ulteriore a seguito del conseguimento del titolo. Nei Paesi Bassi le rette costano quanto e più dell'Italia, per una media di 1.906 euro. Ma le tasse possono essere smaltite in rate mensili da 190 euro, coperte quasi per intero dall'assegno mensile di 156 erogato dai finanziamenti per gli universitari.

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