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Questo articolo è stato pubblicato il 21 novembre 2014 alle ore 06:39.

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La politica è un sistema. Se si sposta un pezzo da una parte, anche gli altri pezzi del sistema sono costretti a ricollocarsi. L'affermazione di Renzi a sinistra ha costretto la destra a ripensare la propria collocazione. A sua volta, la necessità di collocarsi nel sistema partitico del Parlamento europeo ha fatto il resto. Fatto si è che grandi cambiamenti si stanno sviluppando nella destra italiana.
C'è innanzitutto un profondo processo di ridefinizione della destra radicale. La Lega Nord si sta trasformando nel luogo di aggregazione dei vari segmenti della destra nazionalista. Si potrebbe dire che è un processo paradossale, se si pensa che la Lega Nord ha tradizionalmente rappresentato il partito di raccolta delle pulsioni anti-nazionali e anti-statali diffuse tra gli elettori delle regioni delle nord e delle loro aree pedemontane. Un paradosso, forse, ma non più di tanto. In realtà la Lega Nord è stata un partito identitario, dove i programmi di governo hanno contato meno delle dichiarazioni di principio. Facendo di Bruxelles (e non più di Roma) il vero nemico, la Lega Nord di Matteo Salvini sta allargando il proprio richiamo identitario ad un elettorato molto più vasto di quello tradizionalmente secessionista. E soprattutto un elettorato diffuso in tutte le regioni italiane. Se poi quel nemico ha la faccia dell'Euro, allora la coalizione si può allargare a tutte le forze sovraniste, cioè quelle che rivendicano la difesa della sovranità nazionale come i Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni e di Ignazio La Russa. Si sta dunque riformando in Italia una destra nazionalista, priva però dei connotati ideologici del passato, perché tenuta insieme dal nuovo collante dell'anti-europeismo.
Nel Parlamento europeo, questa destra ha come suo inevitabile riferimento il Fronte Nazionale francese, guidato da Marine Le Pen, il partito che prima di altri ha avviato il processo di de-ideologizzazione della destra un tempo fascista. Non è un caso che Marine Le Pen abbia preferito non dare vita ad un gruppo parlamentare (che richiede delegazioni di almeno 7 stati membri dell'Unione), piuttosto che allearsi con il partito neo-nazista polacco del Congresso della Nuova Destra di Janusz Korwin-Mikke, più volte accusato di omofobia, misoginia e antisemitismo.
Questa destra sovranista (che oltre al Front National di Marine Le Pen, aggrega la Lega Nord di Matteo Salvini, il Partito della Libertà di Geert Wilders, i liberalnazionali austriaci di Heinz-Christian Strache e il partito fiammingo belga del Vlaams Belang) si sta candidando ad essere, dentro l'Europa, il punto di riferimento di tutti coloro che sono contro l'Europa.
In Italia, lo spazio elettorale della nuova Lega nazionale sarà tanto più ampio quanto più incerta continuerà ad essere l'iniziativa della destra moderata, ovvero di quell'area di centro-destra rappresentata da Forza Italia di Silvio Berlusconi, dal Nuovo centro destra di Angelino Alfano e dall'Unione di centro di Pierferdinando Casini.
Questa destra moderata è poco o punto conciliabile con la destra sovranista di Matteo Salvini. Il suo riferimento europeo è il Partito popolare, il partito che ha costruito l'Unione insieme al Partito socialista europeo, è che ha imposto il proprio spitzenkandidat (Jean-Claude Juncker) come presidente della Commissione. Poiché all'interno del Partito popolare europeo la delegazione tedesca è la più numerosa e influente, si può dire che le politiche di austerità, che tanto sdegno suscitano nella destra radicale, sono la conseguenza dell'azione di quella delegazione. Pochi conoscono il presidente (Joseph Daul) di quel partito. Tutti sanno, però, chi ne è il leader (Angela Merkel). Più la destra moderata italiana continuerà ad essere divisa, più essa dovrà subire l'iniziativa della destra radicale. La destra moderata può rilanciarsi solamente se riuscirà a superare le proprie divisioni. E per fare ciò occorre un leader credibile, ma soprattutto un programma innovativo. Questa destra moderata non avrebbe un futuro se decidesse di inseguire la destra radicale sulla strada dell'anti-europeismo. Ma rischierebbe di non averlo, quel futuro, se si limitasse a fare proprie le posizioni del Partito polare europeo. Come conciliare il sostegno all'Unione come progetto storico con la critica alle sue attuali politiche di austerità? La destra moderata italiana, che deve continuare ad essere una componente importante del Partito popolare europeo, deve altresì trovare il senso della sua vocazione a difendere gli interessi nazionali. Questi ultimi, oggi, non coincidono con la linea predominante nel Partito popolare europeo. Anche in quest'area è bene che si renda evidente una discussione che da tempo è in corso sotterraneamente. Che identità deve avere un Partito popolare italiano in tempi di crisi?
Naturalmente, l'esito di questi sommovimenti sarà anche determinato dalle regole del gioco elettorale. È un interesse della democrazia italiana che la destra moderata emerga come la componente maggioritaria dello schieramento che si contrapporrà alla sinistra. Da questo punto di vista, è bene che l'Italicum preveda il premio di maggioranza solamente per la lista, non già per la coalizione. Spingere oggi le due destre verso un blocco pre-elettorale significherebbe rafforzare la destra radicale, trasformandola nella forza motrice dell'intero schieramento. La ricomposizione e rilancio della destra moderata richiederanno tempo e idee. Sarebbe difficile realizzare l'una e l'altro con il fiato della destra sovranista sul collo.
sfabbrini@luiss.it
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