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Questo articolo è stato pubblicato il 21 novembre 2014 alle ore 07:19.
L'ultima modifica è del 21 novembre 2014 alle ore 09:17.

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Oltre all'avversione per l'inflazione ereditata dall'esperienza storica tra le due guerre, l'economia tedesca ha anche forme "moderne" di autodifesa dall'aumento dei prezzi. La prima è un grado di apertura ai commerci unico tra le grandi economie. Con un livello di export ed import che in totale equivale al 95% del Pil, ogni aumento di prezzo viene annullato scegliendo all'estero i fornitori più convenienti. La capacità di gestire conflitti sociali e distributivi evita le pressioni salariali, nonostante la disoccupazione sia sotto il livello "naturale" di pieno impiego dei fattori produttivi. Perfino tra il 2010 e 2011, quando i prezzi dell'energia erano aumentati del 16%, l'inflazione tedesca non ha mai raggiunto il 2 per cento. Le riforme strutturali di dieci anni fa hanno ormai esaurito l'effetto, ma i meccanismi di flessibilità introdotti continuano a garantire alle imprese flessibilità che si riflette anche in maggiore occupazione.
Le trattative sindacali sono decentrate, ma dietro ad esse giocano un ruolo informale ma influente i sindacati dei settori metalmeccanico e chimico, due settori che dipendono dal successo dell'export e che considerano il vantaggio competitivo come una garanzia per il reddito e l'occupazione. Ma con la Germania diventata il secondo Paese di immigrazione al mondo, dopo gli Usa, la pressione dell'occupazione sull'inflazione resta molto bassa, forse metà di quella in Francia o Italia.

La struttura dell'economia tedesca sembra intrinsecamente incapace di produrre inflazione. Se le origini sono culturali, è probabile che in condizioni di crisi - in cui un aumento dei prezzi sarebbe ancora più necessario - i meccanismi difensivi si accentuino anziché allentarsi. Questa d'altronde è anche l'esperienza degli ultimi anni. Ma se chi fa analisi economica o politica non si arrende alle scorciatoie antropomorfiche, allora la soluzione degli squilibri tedeschi richiede uno sforzo di immaginazione politica ambizioso. A cominciare dalla creazione di aree di investimento europee, nelle quali la cultura economica e la forte organizzazione sociale tedesca possa contagiare e non combattere gli altri sistemi economici in condizioni di espansione e non di introversione. Mettere molti miliardi sul tavolo a Bruxelles, potrebbe non essere sufficiente se attorno alle risorse non si organizza un contesto istituzionale entro il quale gli europei si confrontino sul modello sociale e industriale di tutta l'area dell'euro.

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