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Questo articolo è stato pubblicato il 22 novembre 2014 alle ore 13:24.
L'ultima modifica è del 22 novembre 2014 alle ore 16:40.

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Wiley Bridgeman, a destra, insieme al fratello Ronnie (Ap)Wiley Bridgeman, a destra, insieme al fratello Ronnie (Ap)

La giustizia americana ha rovinato la sua vita ma una delle foto diffuse da Ap lo mostra testa contro testa col fratello, rilasciato nel 2003, i due sono ancora capaci di un sorriso dolcissimo. È uno dei due uomini afroamericani rimasti per 39 anni in prigione da innocenti, rinchiusi dal 1975 a Cleveland. Liberi tutti ora perché ha ritrattato il testimone chiave, al tempo ragazzino, che li aveva inchiodati a una pena non loro. Wiley Bridgeman, 60 anni, Ricky Jackson, 57 anni, sono usciti dalla prigione Cuyahoga County a poche ore di distanza. «La lingua inglese non è adatta a far capire come mi sento in questo momento, la mia emozione», ha detto Jackson.

Il giudice Richard McMonagle ha dovuto stralciare tutte le accuse a carico dei due uomini e del fratello di uno dei due, libero dal 2003, perché il testimone chiave, tredicenne al tempo del processo, ha ammesso l’anno scorso che i detective di Cleveland lo avevano costretto a testimoniare il falso accusando i tre innocenti dell’assassinio dell’uomo d’affari Harry Franks, ucciso nel pomeriggio del 19 maggio 1975.

Mentre la causa dei fratelli Bridgeman non sembra si concluderà oggi, Jackson potrà vantare un primato amarissimo: ha sopportato l’ingiusta prigionia più lunga della storia degli Stati Uniti, 39 anni in prigione che non doveva scontare per un omicidio che non ha commesso. Sono comunque tutti e tre liberi oggi.






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