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Questo articolo è stato pubblicato il 22 novembre 2014 alle ore 19:13.
L'ultima modifica è del 22 novembre 2014 alle ore 20:25.

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Khaltoum Kannou. (Reuters)Khaltoum Kannou. (Reuters)

Sa di non avere molte chance ma il suo slogan è battagliero: «Yes We Kannou». Mutuando il motto con cui Barack Obama ha vinto le elezioni, potrebbe fare anche una certa presa. A Khaltoum Kannou, 55 anni, il carattere, ed il coraggio, certo non mancano. Durante la dittatura osò perfino spiccare un mandato di cattura contro Moez Trabelsi, il nipote del ex dittatore Ben Ali. Lei sa di essere la sola donna, tra 22 candidati in corsa per la presidenza. E se il sogno diventasse realtà sarebbe la prima presidente donna di un Paese arabo. Il suo curriculm è blasonato: Giudice di cassazione, ex presidente dell'associazione nazionale dei magistrati tunisini, Commissario alla corte internazionale di giustizia. Kannou preferisce giocare la carta dell'indipendenza.

Pur riconoscendo di essere nella “famiglia dei democratici”, ama precisare di non sentirsi vicina ad alcun partito in particolare. E ci tiene ancor di più a voler rivendicare con fermezza la separazione dei poteri e la laicità dello Stato. Il fatto che comunque sia in corsa è già un fatto incoraggiante.

La parola spetterà agli elettori. Solo un mese dopo le elezioni parlamentari, i tunisini torneranno oggi alle urne per eleggere il loro nuovo presidente. E per la prima nella storia del loro Paese lo faranno liberamente, e a suffragio diretto.
Sono elezioni importanti nella fase di transizione che sta vivendo la Tunisia, la culla delle primavere arabe, il solo Paese dove le rivoluzioni non si sono lasciate dietro guerre, caos, o altri regimi, ma un credibile processo democratico guardato con soddisfazione e speranza dalla Comunità internazionale.

Il 26 ottobre, durante le seconde elezioni parlamentari dopo la Primavera, c'è stata una netta affermazione del partito laico Nidaa Tounis (86 seggi su 217) , formazione composta da varie forze politiche in cui figurano anche esponenti del vecchio regime. Il popolare movimenti islamico Ennahda, che aveva vinto le precedenti elezioni del 2011 si è dovuto accontentate del secondo posto con 69 seggi.

Il grande favorito resta Beji Cad Essebsi, fondatore di Nidaa Tounis, ma difficilmente riuscirà a superare la soglia del 50 per cento. In questo caso occorrerà attendere il turno di ballottaggio. Ma l'età di questo esperto politico con oltre mezzo secolo di onorata carriera politica alle spalle, 88 anni, e la sua appartenenza al vecchio apparato potrebbe rappresentare un limite.

Il suo principale rivale è l'attuale presidente ad interim della Repubblica, Moncef Marzouki, tuttavia in calo nei sondaggi e attaccato dai suoi oppositori in questi giorni per il sospetto di avere utilizzato fondi pubblici per la campagna elettorale. Outsider, ma capace di riscuotere un buon risultato, è anche il magnate quarantaduenne Slim Rihahi, definito il “Berlusconi tunisino”, che con il suo nuovo partito Unione Patriottica libera si è affermato con sorpresa al terzo posto nelle elezioni parlamentari ottenendo 16 seggi. Anche Hamma Hammami, 62 anni, sta crescendo nei sondaggi. Ma il leader comunista della coalizione di sinistra, il Fronte popolare, non sembra avere i numeri per arrivare al doppio turno.
L'anziano Essebsi resta il favorito. Soprattutto dopo la decisione di Ennahda di non candidare nessun uomo e di lasciare liberi gli elettori. Ma se si dovesse andare al turno di ballottaggio, presumibilmente il 28 dicembre, le carte potrebbero sparigliarsi.

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