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Questo articolo è stato pubblicato il 23 novembre 2014 alle ore 17:25.

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Abu Dhabi, solo poche sbavature: un barbecue della disgraziatissima Lotus di Maldonado e il guasto di Rosberg, che ha deciso l'esito mondiale. Per fortuna, nessun incidente o safety car. Ma un dubbio aleggerà a lungo su questo appuntamento finale del 2014: ha vinto l'uno o ha perso l'altro? Dal canto suo, Lewis Hamilton non ha fatto una grinza. È scattato perfettamente dal blocchetto di partenza numero 2, mettendo bene in chiaro che non avrebbe fatto una gara in difesa. Le Red Bull, ininfluenti nella classifica che contava, partivano in fondo, causa irregolarità aerodinamica al muso sanzionata con la pena più scomoda. Le Williams, che occupavano la seconda fila grazie a un ottimo sabato, hanno confermato la loro splendida crescita con Massa secondo e Bottas terzo, guidando temporaneamente la corsa e facendo anche sperare nella vittoria. Le Ferrari hanno fatto storia a parte e nessun altro è mai apparso davanti a sufficienza per preoccupare gli uomini di classifica.

Due quindi i grandi rivali di questa domenica per l'inglese. Rosberg per alcuni giri gli è stato davanti e dopo alcuni cambiamenti di posizione a seguito di sorpassi o pit stop di qualcuno nelle prime posizioni, si aprivano scenari differenti e in alcuni casi imprevedibili per gli stechiometrici calcoli sul campione virtuale. Memorabile soprattutto il quarto di gara con Felipe Massa in testa: è lui il migliore oggi dopo Hamilton e insieme condividono il pregevole traguardo di non essere mai usciti dalla zona podio neanche per un secondo. Per come ha guidato, i giri in cui è stato in testa e i tempi che ha totalizzato, non si può certo dire che Hamilton non abbia meritato gara e titolo. Una seconda volta che gli permette di entrare in un club esclusivo dove appaiono, a parità di affermazioni iridate, nell'ordine: Alberto Ascari, Jim Clark, Graham Hill, Emerson Fittipaldi, Mika Hakkinen e Fernando Alonso. L'undicesimo sigillo in un gran premio nel 2014 gli permette inoltre di evidenziare anche il suo nome in un'altra voce statistica importante di questo sport, che appartiene a coloro che hanno vinto più gare in un'annata: solo Hamilton (2014), Vettel (2011 e 2013) e Michael Schumacher (2002 e 2004) sono riusciti a salire sul gradino più alto per più di dieci volte.

A proposito di grandi nomi. Abu Dhabi è anche un gran premio amaro per i saluti e gli addii più o meno ufficiali. Vettel lascia la Red Bull ufficialmente dopo 45 pole, 39 vittorie e quattro titoli consecutivi. Un salto verso un futuro desiderato ma non probabilmente facile agli inizi in Ferrari. Nella scuderia di Maranello contemporaneamente saluta Alonso (11 vittorie, le stesse di Massa, ma molti più punti) e forse anche Marco Mattiacci. Rumors a parte, sembra quasi scontato anche il pensionamento di Jenson Button, oggi quinto, dopo 1 titolo mondiale, 15 vittorie in 15 stagioni con 266 gran premi disputati. Ottavo in classifica campionato piloti, dopo Hamilton, Rosberg, Ricciardo, Bottas, Vettel, Alonso e Massa, Button è l'ultimo dei piloti con più di 100 punti dopo 19 gare. Dopo di lui le due Force India di Hulkemberg e Perez e il suo compagno in McLaren Kevin Magnussen, con meno della metà del suo punteggio, a pari merito con un Kimi Raikkonen sempre più irriconoscibile (oggi decimo, appena dopo Alonso, nono).

Scrutando bene il mondiale piloti, la giornata ha il sapore amaro per Vettel, che non riesce a riprendere Bottas, e tragico per Ferrari, che chiude sesta (Alonso) e dodicesima (Raikkonen). È noto che la macchina non aveva molte chance, ma un finale così mesto era quasi impossibile da prevedere. Dicevamo che Button non merita di abbandonare, visto che ha fatto molto meglio del suo compagno di squadra, solo per lasciare il posto ad Alonso. Ed è altrettanto difficile stabilire se il contributo così ridotto di Raikkonen di quest'anno giustifichi il fatto di non lasciare il posto a qualche giovane. Comunque vada il mercato di quest'inverno, si presume che, pur a motori spenti, la Formula 1 del 2014 regalerà ancora altri colpi di scena.

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