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Questo articolo è stato pubblicato il 23 novembre 2014 alle ore 14:35.
L'ultima modifica è del 23 novembre 2014 alle ore 14:36.

Oggi si vota. Sono le prime elezioni dopo le europee di maggio e per quanto siano solo due le regioni coinvolte - Emilia Romagna e Calabria - sarà un test utile per cogliere indizi sulle tendenze del sistema partitico dopo il terremoto delle politiche del 25 febbraio 2013: la tenuta del Pd di Renzi, la crescita della Lega di Salvini, la crisi del M5S, le prospettive della lista Ncd-Udc, il declino di Fi.
In entrambe le regioni si voterà con un sistema elettorale del tipo Porcellum, cioè un sistema proporzionale con premio di maggioranza. Gli elettori sceglieranno direttamente il presidente della giunta che grazie al premio potrà contare su una maggioranza assoluta di seggi nel consiglio regionale. È il modello italiano di governo. La combinazione di elezione diretta e premio di maggioranza rende il sistema di voto decisivo. I partiti scelgono come presentarsi davanti agli elettori. Gli elettori decidono chi governa. E la sera delle elezioni si sa chi ha vinto. Questo vuol dire sistema elettorale decisivo. Si tratta di un buon sistema che da quando è stato introdotto nel 1995 ha garantito nelle regioni un notevole grado di stabilità politica in un contesto di grande frammentazione partitica. Inoltre, grazie al suo impianto proporzionale, ha assicurato anche un sufficiente livello di rappresentatività delle forze politiche minori. Fortunatamente, per ora, i “porcellini” regionali sono sopravvissuti all'attivismo demolitorio di giudici e giuristi.
Tra il sistema di voto in vigore in Emilia-Romagna e quello in Calabria ci sono alcune differenze. Sulle soglie, per esempio. In Emilia-Romagna per avere seggi occorre avere almeno il 3% dei voti se si corre da soli. La soglia scompare se si entra in una coalizione. In Calabria non solo la soglia minima è il 4% ma non esiste sconto. Un'unica soglia per chi sta dentro e chi sta fuori dal gioco coalizionale. Per una volta il Sud è più virtuoso del Nord. L'altra differenza significativa è l'assenza di voto disgiunto in Calabria. Gli elettori di questa regione, a differenza degli emiliani, non potranno votare il candidato-presidente di un colore politico e una lista appartenente ad una altra coalizione.
L'esito del voto nelle due regioni sembra scontato. In entrambe dovrebbe vincere il candidato del Pd. In Emilia-Romagna è sempre stato così. Nell'arco di tutta la Seconda Repubblica il centro-destra non è mai riuscito a scalfire l'egemonia della sinistra. Nonostante le disavventure giudiziarie di Errani e i molti scandali che hanno visto coinvolti diversi personaggi del Pd, Stefano Bonaccini – il candidato presidente del centrosinistra – dovrebbe farcela. Dalla sua ha un Pd che alle Europee è riuscito a conquistare da solo il 52,5% dei consensi, ma soprattutto ha davanti a sé una destra divisa. Infatti, i candidati di questo schieramento sono due. Uno è il sindaco leghista di Bondeno (Ferrara) Alan Fabbri, sostenuto da Lega Nord, Forza Italia e Fdi-An. L'altro è Alessandro Rondoni sostenuto da Ncd e Udc.
Il fatto che la divisione a livello nazionale tra Fi e Ncd si sia riprodotta anche a livello locale è un segnale importante per tanti aspetti. La stessa cosa è successa in Calabria. È molto difficile che in queste condizioni Alan Fabbri, per quanto possa essere una figura popolare, riesca a minacciare la vittoria di Bonaccini. Se così fosse saremmo di fronte a un fatto politico assolutamente clamoroso. Però Fabbri potrebbe trascinare il suo partito a superare i consensi di Fi. E anche questo sarebbe un evento politicamente molto rilevante con conseguenze imprevedibili anche a livello nazionale. Quanto al M5S sarà interessante vedere se riuscirà a mantenere i consensi delle Europee che erano già di cinque punti inferiori a quelli delle politiche del 2013, ma comunque sempre rispettabili (19,2%). Il rischio per il partito di Grillo è che il trend discendente continui anche in questa regione che lo ha visto emergere come forza politica nazionale.
A differenza dell'Emilia-Romagna, la Calabria è sempre stata una regione tendenzialmente di centrodestra. Ma mentre in Emilia-Romagna il predominio del centrosinistra non è mai stato scalfito, in Calabria il centrodestra non è riuscito a vincere sempre. Non ha vinto nelle Regionali del 2005 e nelle Politiche del 2006 e di nuovo alle ultime Europee quando il Pd da solo è arrivato a sfiorare il 36% dei voti. Ed è molto probabile che non vinca neanche questa volta. Infatti l'esito sembra scontato a favore di Mario Oliviero, candidato Pd della coalizione di centrosinistra. Il motivo è lo stesso che abbiamo visto in Emilia-Romagna: la divisione del centrodestra. La Lega Nord non c'è, anche se vorrebbe esserci. La candidata di Fi, Wanda Ferro, non è appoggiata da Ncd e Udc che hanno preferito presentarsi da soli. Visto che in questa regione, come si vede dalla tabella in pagina, il peso della componente neo-democristiana è ancor più rilevante che in Emilia-Romagna, lo svantaggio competitivo del centrodestra è difficilmente recuperabile.
Resta però l'incognita del M5S i cui elettori sembrano essere in libera uscita. Alle Europee aveva ottenuto il 21,5%. Nelle recenti comunali a Reggio Calabria l'elettorato grillino si è semplicemente dissolto. Il candidato a sindaco del M5S ha preso il 2,5%. Un tracollo di queste proporzioni, se si ripetesse a livello regionale, rappresenterebbe certamente un elemento di incertezza ma è difficile che possa cambiare l'esito della competizione.
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