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Questo articolo è stato pubblicato il 25 novembre 2014 alle ore 06:37.

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Il principale market mover sui mercati finanziari europei nelle ultime settimane è stato quanto pronunciato dal numero uno della Bce, Mario Draghi, in ben due occasioni, relativamente a un possibile acquisto di titoli sovrani da parte di Francoforte per arrestare lo spettro della deflazione. Per capire quanto questo effetto potrà durare, secondo gli esperti, bisogna osservare due variabili chiave: i dati macro e gli appuntamenti della Bce. «Un eventuale quadro deflazionistico e una congiuntura persistentemente debole - secondo Paolo Guida, vice presidente Aiaf (l'associazione degli analisti e consulenti finanziari) - potrebbero convincere il board a un annuncio di acquisto di titoli di Stato già a dicembre. I tempi per un'effettiva implementazione ci condurrebbero a febbraio-marzo ma l'effetto sui mercati sarebbe immediato e concentrato sul finire dell'anno».
Ci sono però anche due date importanti che potrebbero sciogliere molti dubbi sulle prossime mosse della Bce: il 4 e l'11 dicembre. «L'attuale effetto positivo sui mercati - approfondisce Giuseppe Sersale, strategist di Anthilia Sgr - dovrebbe durare fino al meeting della Bce del 4 dicembre. Poi dipenderà dai provvedimenti: se le misure produrranno l'incremento di bilancio pianificato si potrebbe assistere a un inizio 2015 brillante delle borse e uno spread BTp-Bund sotto i 100 punti base».
L'altra data è l'11 dicembre, in concomitanza con l'avvio del secondo round di TLtro. «In quella occasione – dice Maria Paola Toschi, di Jp Morgan Am - le banche Ue dovrebbero segnalare le richieste di liquidità che nel primo round sono state modeste (82 miliardi). Il secondo round sarà quindi molto importante e una richiesta ancora molto bassa potrebbe indurre la Bce a diventare più reattiva e pronta ad agire». Anche per Philippe Waechter, capo economista di Natixis, «se il secondo TLtro previsto per l'11 dicembre non sarà un successo, ci attendiamo un annuncio al primo meeting della Bce fissato per il 22 gennaio».
Come posizionarsi
Le future mosse della Bce, dunque, avranno inevitabili riflessi sui portafogli dei risparmiatori. «In un contesto di tassi di rendimento delle obbligazioni estremamente bassi – spiega Giampaolo Galiazzo della società di consulenza indipendente Tiche di Treviso -, l'investitore dovrebbe dare maggiore spazio alle azioni che, pur registrando un calo nella redditività (il Roe delle aziende europee sta scendendo, ndr) si presentano con buoni rendimenti rispetto a quelli obbligazionari. Nell'ottica poi di un investitore globale vanno tenuti presenti gli effetti sull'euro, con la necessità di diversificare maggiormente per valuta a favore del dollaro».
L'azionario rimane l'asset class preferita, dunque, ma con qualche cautela. «Il picking e il timing – avverte Matteo Trotta di Consultique Sim Spa - rimangono fattori rilevanti e viste le alte quotazioni di indici e fondamentali, gli storni di breve e qualche picco di volatilità sono da mettere in conto. Strategie protette sull'azionario possono garantire buone soluzioni di rischio/rendimento, in particolare sull'Europa che mantiene un gap rilevante verso gli Usa. Le borse dovrebbero avere un trend positivo ancora per qualche mese con le esposizioni in dollaro favorite dal diverso atteggiamento delle banche centrali». E con la Bce in grado di creare liquidità con maggiore facilità, per alcuni l'atteggiamento tattico vincente potrebbe essere quello che a prima vista sembra sconsiderato: sfruttare cioè ogni calo dei prezzi delle obbligazioni per aumentare i rischi con l'acquisto proprio di bond governativi. «Se arriverà il Qe anche in Europa – sottolinea Jacopo Ceccatelli di Jci Capital Ltd -, l'effetto di spiazzamento creato dell'eventuale acquisto dei titoli di Stato, se in volumi sufficientemente elevati, spingerà gli investitori verso tutte le altre tipologie di titoli, sollevando come una sorta di marea i prezzi di gran parte del mercato obbligazionario. Oltre che per i titoli di Stato ci sarebbero buone notizie per gran parte dei bond a rischio medio-alto denominati in euro».
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