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Questo articolo è stato pubblicato il 25 novembre 2014 alle ore 06:39.
STRASBURGO. Dal nostro inviato
Capire cosa offrirà (e cosa chiederà) agli Stati membri il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, con il piano da 300 miliardi di euro per nuovi investimenti che verrà reso noto domani a Strasburgo. Sembra essere questa la principale preoccupazione del premier, Matteo Renzi che questa mattina all'Europarlamento, nelle pieghe di un protocollo rigidissimo per la visita di Papa Francesco, incontrerà brevemente il presidente della Commissione Juncker insieme al presidente dell'Europarlamento, Martin Schulz. Poche battute, ma indispensabili per avere un quadro di riferimento più chiaro sul quale ragionare: innanzi tutto avere conferma che le risorse per il nuovo piano verranno effettivamente stralciate dal Patto di Stabilità e poi avere chiara la struttura istituzionale (Bei o Bei 2) e l'ammontare dei contributi richiesti ai singoli Paesi Ue per fare da volano.
«Aspettiamo di vedere il piano Juncker e giudicheremo, si parla di investimenti; è un passo avanti, ma c'è ancora molto da fare e lo faremo» chiarisce il premier da Vienna dopo un incontro, ieri, con il cancelliere austriaco, Werner Faymann. Minimizza il rischio astensione alle regionali il presidente del Consiglio che si dice soddisfatto dei risultati ottenuti dai candidati Pd anche perché, confessa, «in questo momento non mi interessa mettere delle bandierine, mi interessa affrontare i problemi degli italiani: occupazione, rilancio, cambiare le regole fiscali e la battaglia per un'Europa dei popoli e non delle burocrazie». I prossimi mesi, aggiunge Renzi, «saranno decisivi per l'Europa: siamo per tenere i conti in ordine nel rispetto per figli e nipoti ma oggi bisogna avere maggiore attenzione per investimenti e crescita».
Piena intesa sull'idea di sviluppo dell'Europa e di lotta all'austerity tra Renzi e Faymann. Renzi guarda all'Austria per «il modello duale di formazione professionale che hanno e che è per noi un grande punto di riferimento». E Faymann si complimenta con Renzi per il suo atteggiamento verso Bruxelles: «Sei un lottatore che lotta contro l'austerity».
Ma all'Europa Renzi guarda anche per un impegno maggiore sul fronte delle politiche migratorie. «L'Italia – rivela il premier – spende annualmente di più di Frontex. C'è da fare di più». Dopo l'operazione Mare nostrum ora si apre «una pagina nuova» ma «è ancora presto per capire se le cose funzionano o no. Il primo segnale è positivo». Renzi si augura poi che le organizzazioni internazionali, a partire dall'Onu, «facciano sentire il proprio impegno». Ne parla in serata a Villa Madama con il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi che si era già intrattenuto per venti minuti con il Papa sui temi della pace e con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano (che riconosce alla nuova dirigenza del Cairo un ruolo insostituibile nella lotta al fondamentalismo islamico della regione).
Insieme ai ministri degli Esteri, dell'Interno e al viceministro dello Sviluppo economico Renzi, affronta i temi della cooperazione economica più stretta tra Italia ed Egitto (tema al centro del Business Council) e i temi della lotta all'estremismo islamico e dell'immigrazione. Al Sisi, campione di laicismo nella regione, è preoccupato quanto Renzi per il diffondersi dell'Isis e per la situzione in Libia. A Derna, al confine tra Libia ed Egitto il gruppo Qansar Al Sharia è divenuto quasi un'emanazione di Al Qaeda. Il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha reso più stretti con il suo omologo egiziano scambi di informazione e collaborazioni nella lotta al terrorisimo. Sul fronte migratorio l'Egitto resta un Paese di transito per i siriani e ora anche per i palestiensi di Gaza e la sua collaborazione è essenziale, come ha riconosciuto lo stesso Renzi. Perché, dice il premier, «se vogliamo affrontare alla radice il problema dell'immigrazione dobbiamo avere un rapporto più forte con Egitto, Algeria e Tunisia ma la madre di tutte le questioni per il Mediterraneo è la Libia; il 97% degli sbarchi viene dalla Libia. È un problema enorme per l'Europa la mancanza di un controllo in Libia. Serve un controllo politico. L'Europa metta i denari e più impegno politico nel Mediterraneo».
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