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Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2014 alle ore 09:18.
L'ultima modifica è del 26 novembre 2014 alle ore 09:42.

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In sé, il piano di investimenti da 300 miliardi di euro, che la Commissione europea sta presentando qui a Strasburgo dinanzi al Parlamento europeo, rischia di deludere molti osservatori. Da solo, poco potrà fare per aiutare la congiuntura. Il successo del piano, che dovrebbe scattare dalla metà del 2015, dipenderà in modo particolare dalla capacità dei Paesi membri e delle istituzioni comunitarie a riformare le economie nazionali e a rilanciare il mercato unico.

Il pacchetto, che ricorda per molti versi il Libro bianco presentato nel 1993 da Jacques Delors, prevede la creazione di un nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici (l'Efsi), con un un capitale iniziale di 21 miliardi di euro, si legge nella documentazione pubblicata ieri dalla Commissione. Il denaro è limitato a un apporto di cinque miliardi della Banca europea degli investimenti. Il resto è composto da 16 miliardi di garanzie comunitarie, di cui otto garantiti a loro volta da fondi esistenti nel bilancio europeo.

I Paesi membri potranno investire denaro proprio nel capitale, se lo vorranno. «Ciò - spiegava ieri un funzionario comunitario - non significa che il Paese potrà avere necessariamente un ritorno finanziario legato al suo contributo». Bruxelles è pronta a considerare l'investimento statale con favore quando analizzerà i conti pubblici nazionali, deducendo l'ammontare dal calcolo del deficit, come è avvenuto con il contributo nazionale per la nascita del Meccanismo europeo di stabilità (Esm).

L'obiettivo è di consentire all'Efsi di generare tra il 2015 e il 2017 prestiti e poi investimenti «per almeno 315 miliardi di euro», grazie a un effetto leva di circa 15 volte. Secondo la Commissione, questa stima è prudente, tenuto conto delle esperienze passate. Il nuovo fondo dovrà investire denaro nei settori più strategici: i trasporti, l'energia, la ricerca, l'istruzione. «Non vogliamo una politicizzazione della selezione. A decidere saranno Bei e Commissione», notava sempre ieri lo stesso funzionario comunitario.

Proprio in questi giorni un gruppo di lavoro composto anche dai Paesi membri sta lavorando a una prima lista di progetti. Bruxelles ha deciso che dei 315 miliardi di euro di investimenti generati dal Fondo, 240 miliardi andranno a progetti strategici, 75 a piccole e medie imprese. Sempre a proposito di cifre, la Commissione europea prevede che il piano possa aumentare il prodotto interno lordo a lungo termine per un totale di 330-410 miliardi di euro, e creare 1,0-1,3 milioni di posti di lavoro all'anno nel triennio.

La nuova entità, che beneficerà dell'esperienza della Bei, potrà a differenza di quest'ultima investire in progetti rischiosi. Il pacchetto si fonda su una mobilizzazione dell'abbondante liquidità privata sui mercati, che dovrebbe essere incentivata all'investimento grazie al fatto che la mano pubblica è pronta a prendersi a carico la prima perdita di una eventuale operazione fallita. I più critici metteranno l'accento sulla leva finanziaria, sempre aleatoria, tanto più che il capitale iniziale è molto limitato.

La Commissione europea è stata costretta a tenere conto della scelta di molti Paesi di non aumentare il debito. È anche per questo che il piano ha varie sfaccettature. Non si tratta solo di creare un nuovo strumento finanziario. Bruxelles è convinta che il volano finanziario potrà funzionare solo se i progetti saranno selezionati a dovere e soprattutto se verrà riformato l'ambiente regolamentare per liberare risorse, e consentire agli investimenti di attecchire su un tessuto produttivo più dinamico.

Il pacchetto si basa quindi su un trittico: investimenti, responsabilità di bilancio, riforme strutturali. Sul fronte europeo, l'esecutivo comunitario intende rilanciare la possibilità delle cartolarizzazioni finanziarie; promuovere un mercato dei capitali in modo da aiutare il finanziamento delle piccole imprese; rafforzare il mercato unico delle telecomunicazioni; ridurre gli ostacoli ai trasporti intra-europei sui mari, nei cieli, su rotaie; facilitare l'import-export di fonti energetiche tra i Ventotto.

SCHEDA - Il fondo per gli investimenti strategici
Effetto leva

Il piano Juncker per gli investimenti, al centro del programma del nuovo presidente della Commissione europea, prevede la creazione di un Fondo europeo per gli investimenti strategici (Efsi) che avrà inzialmente un capitale piuttosto limitato: 21 miliardi di euro. Cinque arriveranno dalla Banca europea degli investimenti, gli altri 16 dal bilancio Ue. Grazie alla leva finanziaria la Commissione conta di mobilitare un ammontare 15 volte più ampio di investimenti privati: 315 miliardi in tre anni
La distribuzione dei fondi
Gli investimenti generati dal nuovo Fondo, secondo i piani della Commissione europea, dovrebbero andare per 240 miliardi a progetti strategici (trasporti, energia, ricerca, istruzione), 75 alle piccole e medie imprese. Un gruppo di lavoro sta già lavorando a una prima lista di progetti. L'Esecutivo comunitario prevede inoltre che il piano possa aumentare a lungo termine il prodotto interno lordo per un totale di 330-410 miliardi di euro e creare tra uno e 1,3 milioni di posti di lavoro in più all'anno

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