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Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2014 alle ore 11:52.
L'ultima modifica è del 26 novembre 2014 alle ore 17:50.

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La normativa italiana sui contratti di lavoro a tempo determinato nel settore della scuola è contraria al diritto dell'Unione. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia Ue, che ha bocciato il sistema italiano delle supplenze, in quanto «il rinnovo illimitato dei contratti per soddisfare esigenze permanenti e durevoli delle scuole statali non è giustificato» (Leggi la sentenza). In base ad alcuni calcoli delle organizzazioni di categoria la sentenza potrebbe riguardare la stabilizzazione di 250 mila precari (con oltre 36 mesi di insegnamento nella scuola), con richieste di risarcimenti danni fino a 2 miliardi.

Corte Ue: rinnovo illimitato contratti scuola non giustificato
Secondo la Corte «l'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato non ammette una normativa che, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali dirette all'assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, autorizzi il rinnovo di contratti a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti e di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l'espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo il risarcimento del danno subito a causa di un siffatto rinnovo». Secondo la Corte la normativa italiana «non prevede criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo risponda ad un'esigenza reale, sia idoneo a conseguire l'obiettivo perseguito e sia necessario a tal fine». Inoltre «non contempla neanche altre misure dirette a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo a siffatti contratti».

Sistema supplenze nel mirino della Ue
Sotto tiro è il sistema delle supplenze che provvede alla copertura dei posti effettivamente vacanti e disponibili entro il 31 dicembre mediante supplenze annuali «in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali». La Corte sottolinea tra l’altro che, sebbene il settore dell'insegnamento testimoni un'esigenza particolare di flessibilità, lo Stato italiano «non può esimersi dall'osservanza dell'obbligo di prevedere una misura adeguata per sanzionare debitamente il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato».

Anief: stabilizzazione per 250mila precari e risarcimenti da 2 miliardi
Ora «250mila precari della scuola possono chiedere la stabilizzazione e risarcimenti per due miliardi di euro, oltre agli scatti di anzianità maturati tra il 2002 e il 2012 dopo il primo biennio di servizio e le mensilità estive su posto vacante». Lo scrive l'Anief, l'Associazione professionale sindacale commentando la decisione della Corte di giustizia europea. La Gilda degli insegnanti annuncia invece «subito una diffida al Governo e poi, entro dicembre, al via in tutta Italia le iniziative giudiziarie per la stabilizzazione dei precari.

Giannini: sentenza Corte Ue attesa, riforma governo è in linea
Il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini commentando a Radio 24 la sentenza della Corte di giustizia Ue, ha sostenuto che contenuti e i metodi della riforma della scuola (“La Buona scuola”) varata dal governo Renzi sono «perfettamente in linea, ma anche anticipatori rispetto a quello che ha indicato la Corte europea». Per il ministro, la sentenza «è un primo passo, peraltro atteso, ci sarà poi una presentazione in commissione delle misure che l'Italia ha attivato con una certa tempestività rispetto a questo tema che ci è noto e dalla cui consapevolezza siamo partiti e che ho definito una piaga e una patologia tutta italiana».

Flc-Cgil: sentenza Corte Ue su precari apripista per tutta Pa
Per la Flc-Cgil i precari che hanno superato i trentasei mesi di insegnamento a scuola potranno essere assunti e risarciti. E la sentenza della Corte Giustizia Ue è tanto più importante perché « è destinata a fare da apripista e dare una speranza alle centinaia di migliaia di precari che da anni coprono posti vacanti facendo funzionare le scuole, gli enti di ricerca, le universita' e tutte le pubbliche amministrazioni».


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