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Questo articolo è stato pubblicato il 28 novembre 2014 alle ore 07:02.
L'ultima modifica è del 28 novembre 2014 alle ore 07:02.

Diezani Alison-Madueke (Epa)Diezani Alison-Madueke (Epa)

VIENNA - L’incarico, ricoperto a rotazione dai Paesi membri dell'Opec, non le è ancora stato assegnato. Ma i suoi assistenti hanno già fatto girare la voce che Diezani Alison-Madueke diventerà a breve il primo presidente donna nella storia dell'Organizzazione. Una nomina gratificante, che tuttavia potrebbe non riuscire a indorare la pillola al ministro, o meglio alla ministra nigeriana. Il suo Paese è tra quelli che stanno soffrendo di più per la caduta dei prezzi del petrolio e per la concorrenza dello shale oil: un greggio troppo simile a quelli estratti da Abuja e che adesso gli Usa, un tempo grandi acquirenti, hanno quasi completamente smesso di importare. Con la nuova linea “liberista” adottata dall'Opec le cose rischiano di andare peggio.

Il sacrificio alla lunga potrebbe pagare, ha concesso Alison-Madueke al termine del vertice: «Ci sono volute molte discussioni, ma alla fine abbiamo realizzato che al momento questa fosse la cosa migliore da fare. Se oggi avessimo tagliato la produzione sarebbe stato come fare testa o croce, chissà se avremmo visto salire il prezzo del petrolio».

Intervistata dal Sole 24 Ore la ministra non aveva comunque nascosto le sue inquietudini. «Il mercato in questa fase è poco reattivo. Sono ormai tre mesi che il prezzo del petrolio sta scendendo senza sosta e dobbiamo aspettarci che la tendenza possa proseguire anche in futuro. E che possa anche farlo a lungo, prima che il mercato riesca a stabilizzarsi».

Per la Nigeria, che deriva oltre il 90% delle entrate dal petrolio - e più in generale «per l'intero continente africano», puntualizza Alison-Madueke - la situazione è particolarmente difficile. «L'impatto è significativo e siamo molto preoccupati, perché ci rendiamo conto che la nostra economia dipende dalla produzione di petrolio».
Teme che la debolezza dei prezzi durerà a lungo? «Penso che non dipenda dalle decisioni odierne dell'Opec, dal suo tagliare o meno la produzione. Teniamo presente che la Nigeria la sua produzione la sta tagliando da tre anni: per via dei furti di petrolio e dei sabotaggi abbiamo perso più o meno 300mila barili al giorno in media. Oggi la Nigeria produce 2,2 milioni di barili al giorno, di cui 1,8 di greggio e il resto di condensati. Invece dovremmo produrne 2,5 o 2,6 mbg. Come vede, già tagli molto severi».

Per reagire alla perdita di quote di mercato negli Stati Uniti, la Nigeria si sta intanto dando da fare per trovare nuovi sbocchi al suo greggio. «Stiamo puntando ad espanderci soprattutto in India, ma anche in Cina. Al momento la domanda asiatica è molto più forte, ma anche l'Europa ci interessa. Tutti i mercati per noi sono molto importanti e abbiamo avviato discussioni con ogni possibile acquirente».

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