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Questo articolo è stato pubblicato il 28 novembre 2014 alle ore 15:10.
L'ultima modifica è del 28 novembre 2014 alle ore 19:07.

ANKARA - Il Papa argentino sbarca ai confini della guerra con il sedicente Califfato, in una terra dove è c'è un milione e mezzo di profughi e dove il conflitto in Siria e Iraq è avvolto dalla tragedia della strage di cristiani e yazidi e dalle ambiguità turche nel contrasto all'avanzata dell'Isis.
Il primo dei tre giorni del viaggio di Francesco è dedicato alla politica, all'incontro con il potentissimo presidente Recep Tayyp Erdogan, artefice della progressiva islamizzazione dello stato laico, che genera non poche difficoltà alle minoranze religiose. Il Papa chiede ad alta voce che tacciano le armi e prevalga il diritto internazionale, escludendo quindi soluzioni limitari unilaterali, da lui bocciate come “terrorismo di Stato”. “Nel ribadire che è lecito fermare l'aggressore ingiusto, sempre però nel rispetto del diritto internazionale, voglio anche ricordare che non si può affidare la risoluzione del problema alla sola risposta militare” ha detto in chiaro riferimento all'Isis. Dal palco del grande nuovo palazzo presidenziale, il “Palazzo Bianco” appena inaugurato, Bergoglio ricorda che “è fondamentale che i cittadini musulmani, ebrei e cristiani - tanto nelle disposizioni di legge, quanto nella loro effettiva attuazione -, godano dei medesimi diritti e rispettino i medesimi doveri”.
Ma la situazione dell'intero Medio Oriente è esplosiva, e in Turchia c'è forte preoccupazione non solo per la guerra ma per i suoi effetti, tanto che Erdogan nel discorso manifesta “preoccupazione per la rapida crescita dell'islamofobia”.
La Chiesa di Bergoglio è andata in aiuto dei cristiani perseguitati in Iraq e Siria, e in questo viaggio c'è la volontà di lasciare un segno sull'approccio: «Contrapporre al fanatismo e al fondamentalismo, alle fobie irrazionali che incoraggiano incomprensioni e discriminazioni, la solidarietà di tutti i credenti»ha detto il Papa. «Per quanto tempo dovrà soffrire ancora il Medio Oriente a causa della mancanza di pace? Non possiamo rassegnarci alla continuazione dei conflitti come se non fosse possibile un cambiamento in meglio della situazione!», ha detto Bergoglio in italiano. «Con l`aiuto di Dio, possiamo e dobbiamo sempre rinnovare il coraggio della pace! Questo atteggiamento conduce ad utilizzare con lealtà, pazienza e determinazione tutti i mezzi della trattativa, e a raggiungere così concreti obiettivi di pace e di sviluppo sostenibile. Signor Presidente - ha proseguito il Papa rivolgendosi ad Erdogan - per raggiungere una meta tanto alta ed urgente, un contributo importante può venire dal dialogo interreligioso e interculturale,così da bandire ogni forma di fondamentalismo e di terrorismo,che umilia gravemente la dignità di tutti gli uomini e strumentalizza la religione».
Eppoi un monito, passaggio quasi fisso dei discorsi “politici” di Bergoglio: basta risorse per gli armamenti, investire nelle «vere lotte degne dell'uomo». Il Papa ha ammonito sulla necessità di un «forte impegno comune, basato sulla fiducia reciproca, che renda possibile una pace duratura e consenta di destinare finalmente le risorse non agli armamenti, ma alle vere lotte degne dell'uomo: contro la fame e le malattie, per lo sviluppo sostenibile e la salvaguardia del creato,in soccorso di tante forme di povertà e marginalità che non mancano nemmeno nel mondo moderno. La Turchia, per la sua storia, in ragione della sua posizione geografica e a motivo dell'importanza che riveste nella regione, ha una grande responsabilità: le sue scelte e il suo esempio - ha osservato il Papa - possiedono una speciale valenza e possono essere di notevole aiuto nel favorire un incontro di civiltà e nell'individuare vie praticabili di pace e di autentico progresso».
Una giornata molto importante, che vede anche l'incontro con il presidente del Diyanet, l'ufficio degli affari religiosi, la massima autorità sunnita del paese: domani il trasferimento a Istanbul per l'incontro con il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, già visto a Gerusalemme e Roma: quella del riabbraccio con i fratelli cristiani ortodossi è una delle priorità dell'agenda papale.
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